L’esercizio fisico previene l’Alzheimer e ora gli scienziati hanno capito perché

L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa, che comporta il deterioramento delle funzioni cognitive. Attualmente tale condizione è incurabile, ma una recente ricerca ha notato come l’esercizio fisico possa contribuire allo sviluppo di nuovi trattamenti efficaci

L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa, che va a danneggiare le cellule del cervello, causando un deterioramento irreversibile delle funzioni cognitive.

È stato scoperto il motivo per cui l’esercizio fisico può prevenire la malattia di Alzheimer, portando così a nuovi trattamenti per questa condizione attualmente incurabile.

Gli esperti hanno scoperto che un ormone chiamato irisina, rilasciato durante l’allenamento, riduce le placche e i grovigli nel cervello che si ritiene causino l’Alzheimer.

È stato dimostrato che l’esercizio fisico riduce i depositi di beta-amiloide, ma i meccanismi coinvolti sono rimasti un mistero. (Leggi anche:  In che modo i muscoli forti mantengono il cervello sano? Trovato legame tra una bassa massa muscolare e il declino cognitivo)

Ora, lo studio, pubblicato sulla rivista Neuron, risolve il puzzle e promette nuovi modi per prevenire o curare la condizione.

Era noto che l’esercizio aumenta i livelli circolanti dell’ormone irisina di derivazione muscolare, che regola il metabolismo del glucosio e dei lipidi nel tessuto adiposo e aumenta il dispendio energetico accelerando l’imbrunimento del tessuto adiposo bianco.

Precedenti studi hanno rivelato che l’irisina è presente nel cervello umano, ma è ridotta nei soggetti affetti da Alzheimer.

Il dottor Rudolph Tanzi, autore senior dello studio e direttore dell’Unità di ricerca sulla genetica e l’invecchiamento, ha dichiarato:

I nostri risultati indicano che l’irisina è un importante mediatore dell’aumento dei livelli di neprilisina indotto dall’esercizio fisico, che porta a una riduzione del carico di beta amiloide, suggerendo un nuovo percorso di terapie mirate alla prevenzione e alla cura della malattia di Alzheimer.

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Fonte: ScienceDaily

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