Shein sotto inchiesta: ecco perché il gigante della fast fashion rischia di essere bannato negli Usa

Un membro del Congresso degli Stati Uniti ha chiesto un'indagine su Shein, a causa dell'uso di cotone proveniente dallo Xinjiang, in violazione della legge che difende la minoranza Uiguri dal lavoro forzato. Se verrà confermata l'accusa, questa potrebbe portare a un possibile divieto di ingresso dei prodotti Shein negli Usa

Negli ultimi tempi, abbiamo parlato spesso di Temu (un’altra piattaforma del mondo della moda usa e getta) e delle tante questioni che girano intorno all’utilizzo di quest’app. Leggi anche: Temu: dopo Shein, un’altra app della fast fashion che inquina il Pianeta

Non dobbiamo però dimenticare che Temu non è l’unico problema da affrontare se vogliamo rendere la moda più sostenibile. Avete forse già dimenticato Shein? Proprio su questo noto rivenditore si sta concentrando ora l’opinione pubblica statunitense, dopo che un membro del congresso Usa ha chiesto un’indagine sul gigante della moda cinese.

Come mai? Il problema è sempre lo stesso (che non si risolve mai): lo sfruttamento dei lavoratori, in particolare di coloro che lavorano il cotone nella regione dello Xinjiang, in Cina.

Jennifer Wexton, rappresentante democratica della Virginia e promotrice dell’Uyghur Forced Labor Prevention Act (UFLPA), ha inviato una lettera al Dipartimento per la Sicurezza Nazionale (DHS) chiedendo un’indagine su Shein. La ragione di questa richiesta è legata alla possibile presenza di cotone proveniente dallo Xinjiang nei prodotti dell’azienda.

L’UFLPA è una legge che vieta l’importazione di prodotti provenienti dallo Xinjiang, una regione nota per le gravi violazioni dei diritti umani e il lavoro forzato di cui sono vittime gli Uiguri, minoranza musulmana.

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La richiesta di indagine da parte di Wexton si basa su test condotti in precedenza da Bloomberg, che hanno rivelato l’uso di cotone proveniente dallo Xinjiang in prodotti venduti da Shein. Nonostante l’azienda abbia riconosciuto che il 2% del suo cotone proviene da questa regione, aveva minimizzato le accuse iniziali. Tuttavia, dopo le rivelazioni di Bloomberg, Shein si è impegnata a rimuovere il cotone dello Xinjiang dalla sua catena di approvvigionamento.

Ma ha fatto davvero abbastanza in questo senso?

Cosa rischia Shein negli Usa (e come si difende)

Se fosse accertato che Shein ha violato davvero questa legge, potrebbe rischiare il divieto di ingresso dei suoi prodotti negli Stati Uniti, nonostante le vendite dell’azienda negli Usa siano in crescita e, quest’anno, stiano per superare i 10 miliardi di dollari.

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Shein ha dichiarato di avere una “politica di tolleranza zero” per il lavoro forzato e ha affermato di prendere sul serio la trasparenza lungo la sua catena di fornitura. Ha sottolineato che solo il 2,1% del suo cotone è risultato positivo al cotone non approvato secondo la società di tracciabilità della catena di fornitura globale Oritain. Questi dati sarebbero molto inferiori alla media del settore della moda, che è del 12%. In caso di rilevamento di cotone non approvato, l’azienda adotta misure immediate, come la sospensione della produzione e l’interruzione delle spedizioni negli Stati Uniti.

Shein non è l’unica azienda cinese sotto pressione per le preoccupazioni relative al lavoro forzato nello Xinjiang. Nel mese di maggio, i senatori statunitensi avevano scritto una lettera a Shein insieme a Nike, Adidas e Temu, chiedendo loro di affrontare le preoccupazioni legate al coinvolgimento delle loro catene di fornitura globali nel lavoro forzato della minoranza uigura.

Fortunatamente, il mondo della moda finisce sempre più spesso sotto l’occhio attento di chi vuole proteggere i lavoratori da possibili violazioni dei diritti umani e garantire loro un salario equo. La richiesta di un’indagine sul cotone proveniente dallo Xinjiang negli Usa è un passo importante e da seguire. Resta da vedere quale sarà l’esito dell’indagine del DHS.

Se davvero Shein dovesse essere bannata negli Stati Uniti, sarebbe una decisione di portata clamorosa che, inevitabilmente, potrebbe avere ripercussioni anche in altre parti del mondo.

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Fonte: Bloomberg

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