Crisi energetica: perché, anche puntando sul fotovoltaico, rischiamo di passare da una dipendenza a un’altra

Il gas e il petrolio sono un problema: lo erano anche molto tempo fa, per i loro effetti sull’ambiente, ma ora, a causa della guerra in Ucraina, è anche problematico il loro approvvigionamento. E l’Italia “si sveglia”. Ma è davvero così? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Ruffini, CEO di Fotovoltaici.info e operatore del fotovoltaico da 52 anni

Gas e petrolio – in realtà si sapeva – non sono infiniti oltre ad essere inquinanti per l’ambiente. La guerra in Ucraina non ha fatto altro che far emergere un problema di approvvigionamento per un Paese come il nostro con scarse risorse di questo tipo e una politica poco lungimirante che non ha investito su altre tecnologie, come le rinnovabili, che sfruttano risorse di cui l’Italia è ricca.

In una nostra recente intervista ad Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura, era emerso che il nostro Paese ha il potenziale, ma non viene sfruttato. E non è solo un potenziale teorico, perché gli impianti esistono.

Si parla infatti di 60 GW di nuovi impianti rinnovabili che il settore elettrico può installare nei prossimi 3 anni, avviando investimenti per 85 miliardi di euro e creando 80.000 nuovi posti di lavoro. Che si possono (anzi, si devono) autorizzare entro giugno 2022.

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Ma davvero l’Italia “si è svegliata”? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Ruffini, CEO di Fotovoltaici.info, profondo esperto del settore delle rinnovabili che si occupa di fotovoltaico da ben 52 anni.

Come sempre noi lavoriamo sulle emergenze – precisa subito – Abbiamo avuto le opportunità del 1993 e del 2010, ma appena si aprono delle possibilità, vengono bloccate. Con il Conto Energia è successo proprio questo: erano partite in Italia alcune aziende produttrici di inverter, ma anche proprio di pannelli. Un inizio timido ma nella direzione giusta. E poi tutto bloccato, le aziende sono fallite.

Il fotovoltaico, come tutte le tecnologie energetiche, ha bisogno certo della fonte di energia, ma anche di strutture per convertirla e usarla per quello che serve. Ecco, il problema ora rischia di spostarsi su questo.

Se ora iniziamo a fare seriamente fotovoltaico, compriamo dalla Cina, quindi di fatto siamo comunque subordinati ad approvvigionamenti da altri Paesi. In pratica ora compriamo il gas, poi dovremmo comprare i pannelli per produrre il sostituto del gas

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Sono proprio le politiche tipiche del nostro Paese, a prescindere dai problemi energetici e di approvvigionamento, che purtroppo non ci rendono competitivi. L’Italia, come spiega Ruffini, lavora in emergenza e senza programmazione. “Tappa-buchi” si potrebbe dire per le vie brevi.

Il Paese dovrebbe fare piani decennali – spiega il CEO di Fotovoltaici.info – se si decide di puntare alle rinnovabili, innanzitutto non si dovrebbe avere fretta, e poi si dovrebbe facilitare la nascita di un’industria che produca il necessario e che magari poi lo esporti. In Italia invece si prendono iniziative che durano due anni

L’esempio è il Super Bonus: le scadenze vengono prorogate ogni tanto, di 6 mesi in 6 mesi, ma così un’azienda non riesce a strutturarsi, ad assumere personale e a comprare materiali che tra 1 o 2 anni magari non serviranno più.

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È davvero inutile fare “cannonate” che durano pochissimo, mentre sarebbe molto meglio progettare iniziative magari più filtrate, a crescita lenta e controllata ma durature nel tempo: solo così si crea un tessuto industriale

Ora dobbiamo sostituire il gas, e quindi si deve fare fotovoltaico ed eolico a tutto spiano. Ma, ci racconta Ruffini, sono i fornitori cinesi a “corteggiare”, promettendo anche 100 MW in 15 giorni.

L’opportunità la coglieranno loro. Noi risolveremo il problema, ma potremmo risolverlo creando un beneficio duraturo, e invece non lo faremo, anzi rischiamo di crearne un altro. Sarà un successone già se risolviamo questa situazione adesso

Un vero peccato per un Paese che ha molte risorse, a parte quelle materiali.

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