Queste 2 multinazionali ricavano il 100% del loro fatturato dalla vendita di cibi spazzatura (una è italiana)

Ferrero e Red Bull fatturano milioni di dollari dalla vendita esclusiva di prodotti alimentari malsani che danneggiano la salute dei consumatori

Parliamo spesso nei nostri articoli di prodotti ultraprocessati e dei danni che questi provocano alla nostra salute: ricchi di zuccheri, grassi e additivi controversi, questi cibi innescano nel nostro cervello meccanismi di dipendenza simili a quelli connessi alla droga, e aumentano il rischio di patologie croniche quali obesità, diabete, ipertensione e colesterolemia.

Nonostante la letteratura scientifica abbia confermato con numerose pubblicazioni i danni per la salute provocati da questi alimenti, la loro vendita continua senza nessun tipo di restrizione, rappresentando una voce importante (se non unica) nel fatturato di molte aziende nel mondo.

È quanto denuncia un nuovo studio finanziato da UNICEF e dall’Applied Research Collaboration (ARC) del National Institute for Health Research (NIHR) Oxford e Thames Valley, che evidenzia in modo chiaro quanto le lobby alimentari stiano minacciando la nostra salute con le loro bevande colorate, i loro snack invitanti e i loro dolcetti.

Il report

L’analisi ha preso in esame 35.550 prodotti prodotti 1.294 marchi appartenenti alle 20 principali multinazionali alimentari e delle bevande globali, provenienti da sette Paesi diversi (Australia, Brasile, Cina, India, Sud Africa, Regno Unito e Stati Uniti).

Fra questi menzioniamo Campbell Soup, Mondelez, Coca-Cola, Mars, Nestlé, Unilever, Kraft-Heinz e l’italiana Ferrero, il cui patron è stato recentemente incoronato uomo più ricco del nostro Paese dalla rivista Forbes.

Si è riscontrata una grande eterogeneità nel livello di diversità dei prodotti offerte dalle aziende. Alcuni colossi, come Nestlé o Kraft-Heinz, producono e vendono moltissimi prodotti diversi, coprendo una fetta di mercato piuttosto ampia.

Al contrario, i ricavi di alcune aziende, come Red Bull e Ferrero, provengono solo da una o due categorie di prodotti, rispettivamente:

  • per Ferrero dolciumi e prodotti da forno (biscotti, merendine, torte, pasticcini)
  • per Red Bull energy drink.
TEST prodotti ferrero

@Globalization and Health

I prodotti della varie marche sono stati suddivisi in “più sani” e “non sani” in base ai criteri stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e i risultati di questa suddivisione sono stati sconcertanti: la maggior parte di cibi e bevande venduti dalle multinazionali alimentari sono malsani.

Nel complesso, secondo l’Euro NPM dell’OMS, l’89%% delle vendite dei marchi delle 20 principali aziende alimentari e bevande a livello mondiale sono state classificate come non salutari – si legge nel report.

Ciò significa che per ogni 10 dollari spesi per i marchi delle 20 principali aziende, solo 1,10 dollari sono stati spesi per prodotti sufficientemente salutari da essere commercializzati ai bambini nell’ambito dell’Euro NPM dell’OMS.

Il caso Ferrero

Il brand italiano guidato da Giovanni Ferrero si distingue negativamente in questa classifica, poiché tutti i suoi prodotti sono stati classificati come “non salutari” dall’OMS.

È piuttosto impressionante pensare che uno dei marchi italiani più venduti ed esportati del nostro Paese, che si rivolge principalmente a un pubblico giovane con le sue merendine e i suoi snack, non produca nessun alimento che possa essere definito “sano”.

Sullo stesso piano anche Red Bull: il colosso degli energy drink ricava il 100% dei suoi proventi dalla vendita di prodotti giudicati “non salutari”.

Seguono, in questa triste classifica, altre cinque multinazionali produttrici di dolciumi, biscotti e torte, bevande analcoliche, che ricavano il 95% del loro fatturato da prodotti malsani: Mondelēz, PepsiCo, Suntory, Mars e Keurig Dr Pepper.

Questo studio […] dimostra che le più grandi aziende mondiali del settore dipendono fortemente dalle entrate derivanti dalla vendita di prodotti non salutari – concludono i ricercatori – e può essere utilizzato dalle organizzazioni sanitarie pubbliche […] per monitorare e riferire sugli impegni aziendali volti a muoversi verso pratiche aziendali più sane.

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Fonte: Globalization and Health

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