Esperimenti cerebrali sui gufi e barbagianni, le terribili torture che non immagini nei laboratori di neurologia

Negli Stati Uniti animalisti e associazioni continuano a denunciare gli orribili esperimenti cerebrali condotti sui rapaci nei laboratori. Gli animali, sottoposti a torture e pratiche invasive, vengono poi soppressi perché ritenuti inutili per la scienza

Operazioni chirurgiche invasive, dispositivi metallici ed elettrodi impiantati nel cranio, luci e suoni che bombardano gli animali fino alla sfinimento mentre, bardati, non hanno nemmeno la possibilità di muovere le ali, illudendosi di poter fuggire via da queste torture.

È quanto avviene in un laboratorio che conduce esperimenti cerebrali sui rapaci, gufi e barbagianni in primis, per studiare l’autismo, la schizofrenia e il disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività nell’essere umano. A denunciarlo è la PETA, associazione animalista molto attiva nel Nuovo Mondo, che recrimina alla John Hopkins University il condurre esperimenti spietati sugli uccelli rapaci, mutilandoli.

Secondo quanto afferma la neuroscienziata della PETA, la dott.ssa Katherine Roe il polo universitario avrebbe “aggirando la legge del Maryland per continuare gli esperimenti cerebrali invasivi e mortali su gufi e barbagianni”.

Tutti i rapaci, dopo che i loro crani sono stati dilaniati, vengono soppressi perché ritenuti non più utili alla ricerca. Più di 1,9 milioni di dollari sarebbero stati investiti intanto dal National Institutes of Health per finanziare questi strazianti studi.

La sperimentazione animale è quanto di più orribile continui a esistere sulla faccia della Terra. Ma in fondo ne siamo, in parte, a conoscenza. È così per milioni di cave di laboratorio: ratti, conigli, Beagle e primati intrappolati negli stabulari dei centri di ricerca per essere sottoposti a esperimenti dolorosi e a un’agonia lontanamente immaginabile.

In Europa sono stati compiuti i primi passi già nel 2013 con il divieto di vendere o importare cosmetici testati su animali nei Paesi Comunitari, ma per la ricerca c’è ancora da combattere. I metodi alternativi che non si macchiano di sangue e sofferenza esistono. È ora che ogni Paese si decida a investire in questi. (Leggi anche:La ricerca scientifica senza sperimentazione animale è possibile, ma in Italia si investe ancora poco nei metodi alternativi)

Fonte: Peta

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