Free Willy, 30 anni fa il film che risvegliò l’opinione pubblica sulle orche in cattività

Sono passati oltre 30 anni dal film Free Willy, in cui un'orca in cattività torna libera nel suo habitat. Oggi, nonostante la spinta che ha dato il successo del film, le orche continuano a sognare la libertà, purtroppo invano. Nei parchi acquatici non è cambiato nulla e le orche si esibiscono ancora, rinchiuse in minuscole vasche

Nel 1993 il film Free Willy – un amico da salvare ha fatto riflettere migliaia di persone sulle condizioni delle orche recluse nei parchi acquatici. Così viveva Willy, come raccontato nella trama, fino a quando un salto oltre gli scogli lo ha riunito alla sua famiglia.

Non si può guardare il lungometraggio e non pensare alle tantissime Willy, separate dai loro genitori e rischiuse in una vasca per l’eternità. Loro quel salto non lo faranno mai. Lo ha fatto Keiko, l’orca maschio che ha vestito i panni di Willy, ma non le altre orche.

Keiko era un’orca nata nell’Atlantico settentrionale, catturata alla fine degli anni ’70 e spostata da un acquario a parco all’altro fino al Reino Aventura di Città del Messico. Allora questa era la sua microscopica vasca.

In quel periodo iniziarono le riprese e Keiko diventò una star di fama internazionale. Tutti vollero che, come Willy, anche Keiko tornasse a nuotare libero nelle acque dell’oceano. Proteste, petizioni, donazioni e interesse mediatico hanno fatto sì che dopo un lungo processo di riabilitazione Keiko venisse restituito al mare aperto.

Si era ammalato in cattività, era debole e sottopeso, ma team di specialisti, ONG e la neonata associazione Free Willy-Keiko Foundation hanno reso possibile il reinserimento in natura. Dopo 6 anni all’Oregon Coast Aquarium, Keiko è arrivato in Europa nel 1998 su un aereo.

L’orca è stata inserita in un recinto nella baia di Klettsvik, aperto una volta che le squadre di veterinari hanno dato l’okay all’ultima fase del processo di recupero. Keiko ha nuotato di nuovo nell’Atlantico, ha interagito con altre orche, cercando però il contatto umano, l’unico che conosceva.

Keiko è morto nel 2003 all’età di 27 anni, senza ritrovare mai la sua vera famiglia. A differenza di tante orche nate libere e morte prigioniere, Keiko aveva fatto ritorno alla sua terra ancestrale.

La sua storia ha ispirato il cambiamento, facendoci credere che il successo planetario del film potesse mettere fine allo sfruttamento delle orche nei parchi acquatici. Non è andata però così.

Non è cambiato nulla da allora. Passano gli anni e ancora le orche vengono detenute e imprigionate a vita nei parchi acquatici di mezzo mondo. Keiko ha dato voce alle proteste, ma quel coro è stato soffocato o semplicemente ignorato dai parchi marini.

Come lo spieghiamo a Kshamenk, l’orca dimenticata, che da 20 anni nuota in cerchio in solitaria e che con ogni probabilità continuerà a farlo ancora e ancora? Cosa avremmo dovuto dire a Kiska, l’orca disperata che sbatteva la testa contro il vetro della sua vasca?

Loro non sono Keiko, per loro non ci sarà un lieto fine se non si cambiano le cose. La detenzione e lo sfruttamento degli animali nei parchi divertimento deve essere vietata, ovunque.

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