Crisi idrica: in Italia un terzo dell’acqua si disperde nelle tubature. Le città che sprecano di più

In Italia un terzo dell'acqua viene sprecata nelle reti di distribuzione, in particolare al Sud e sulle Isole, solo il 50% dell'erogazione idrica arriva nelle case dei cittadini secondo l'ultimo rapporto ISTAt sui cambiamenti climatici. Vediamo le città dove si verificano le maggiori perdite di acqua e i conseguenti razionamenti idrici.

L’acqua è l’oro blu, una delle risorse più preziose da salvaguardare il più possibile (e con la siccità che stiamo sperimentando in questo periodo ci stiamo rendendo conto di quanto sia fondamentale), riducendo al minimo gli sprechi nel quotidiano, ma anche e soprattutto le perdite idriche che avvengono a monte, nella rete di distribuzione, e che rappresentano una delle fonti principali di sprechi. Soprattutto perché, se sommate alla scarsità di acqua potabile, generano ripercussioni gravi nell’erogazione di quello che dovrebbe essere il servizio più importante per i cittadini.

A fotografare la disastrosa situazione in cui versano le principali città italiane sul fronte delle perdite idriche e del razionamento dell’acqua, l’ultimo rapporto ISTAT sui cambiamenti climatici – pubblicato lo scorso marzo – che fotografa, attraverso le principali misure statistiche relative all’anno 2020, le conseguenze del clima sulla società italiana. Nel capitolo dedicato all’acqua emerge il problema in tutta la sua gravità: un terzo delle risorse idriche che arrivano ai capoluoghi di Provincia e alle Città metropolitane, viene dispersa nelle tubature prima di arrivare all’utente finale. Come si legge nel report:

Nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile dei comuni capoluogo di provincia e di città metropolitana, dove si convoglia circa il 33% dell’acqua complessivamente movimentata in Italia, nel 2020 a fronte dei 2,4 miliardi di metri cubi di acqua (370 litri per abitante al giorno) ne sono stati erogati agli utenti finali soltanto 1,5 miliardi di metri cubi (236) per gli usi autorizzati (fatturati o ad uso gratuito), con una perdita totale in distribuzione di 0,9 miliardi di metri cubi, pari al 36,2% dell’acqua immessa in rete (erano del 37,3% nel 2018).

Nonostante il leggero miglioramento rispetto ai dati relativi al 2018, si continuano a disperdere quotidianamente nelle città italiane circa 2,4 milioni di metri cubi, pari a 41 metri cubi per chilometro di rete (44 nel 2018). Una situazione che rimane critica, dunque,  se di pensa che con tali volumi d’acqua sprecati si riuscirebbe a soddisfare le esigenze d’acqua di circa 10 milioni di persone, un numero altissimo.

Le città italiane che sprecano più acqua

Ma quali sono le città italiane in cui questo fenomeno è più diffuso? Neanche a dirlo, si tratta delle stesse in cui, poi, si registra una maggiore scarsità di risorse idriche.

Secondo i dati diffusi dall’Istituto di statistica nazionale, infatti, anche sul fronte delle perdite di acqua l’Italia si divide in due ed è al Sud, in particolare nelle isole, che la percentuale di sprechi di acqua nella rete di distribuzione raggiunge e supera il 52%, mentre nei capoluoghi di provincia del Nord Ovest si registrano i livelli più bassi di perdite idriche con il 23,5%, proseguendo con i capoluoghi del Nord-est con uno spreco d’acqua del 32,8%, al Centro dei capoluoghi dello stivale troviamo una dispersione idrica che raggiunge il 37,3 %, fino ad arrivare alle città Sud Italia in cui si verifica una forte perdita idrica del 43,6%.

Dunque maggiori criticità legate a questo preoccupante spreco idrico si verificano soprattutto nel Mezzogiorno, accentuando un sempre presente divario tra Nord e Sud del paese.

Ecco la classifica delle città italiane che sprecano più acqua secondo quanto riportato dai dati ISTAT:

  1. Palermo
  2. Cagliari
  3. Catania
  4. Messina
  5. Napoli
  6. Bari
  7. Reggio di Calabria
  8. Firenze
  9. Torino
  10. Roma
  11. Genova
  12. Venezia
  13. Bologna
  14. Milano

@ISTAT

Come si evince dal grafico ISTAT le città in cui si verifica questo maggiore dispendio idrico sono situate nelle isole, in cui per affrontare l’obsolescenza delle infrastrutture, i problemi di qualità delle risorse idriche e le criticità che ne conseguono, vengono messe in atto delle misure di razionamento della distribuzione d’acqua attraverso la riduzione o la sospensione del servizio, limitando la fruizione dell’acqua a poche ore al giorno in determinati periodi dell’anno, soprattutto nella stagione estiva, lasso di tempo in cui si verifica una grande affluenza di persone in villeggiatura nelle isole.

Ben undici capoluoghi di provincia (tra cui Cosenza, Reggio di Calabria, Pescara e Avellino), tutti situati nel Mezzogiorno, territorio in cui si verificano i maggiori sprechi, hanno già adottato queste misure di razionamento causando non pochi disagi ai cittadini che spesso si sono trovati sprovvisti di questo servizio necessario. Non serve ricordare che l’acqua è un bene primario, necessario alla sopravvivenza e allo svolgimento delle normali attività quotidiane, in cui rientrano l’igiene personale e la preparazione dei pasti.

Nota metodologica

Queste analisi riportate da ISTAT sono state effettuate sui dati del Censimento delle acque per uso cittadino e in seguito inserite nel Programma statistico nazionale (IST-02192). Il Censimento delle acque per uso civile fornisce importanti informazioni su tutto l’ uso pubblico delle risorse d’acqua, dal prelievo di quest’ultima per uso potabile fino alla depurazione delle acque reflue urbane. Nel report si analizzano soprattutto i dati provenienti dalla rilevazione svolta nel 2021, che ha come anno di riferimento il 2020. I dati pervenuti infine sono sottoposti a procedure di controllo e correzione al fine di individuare valori ed errori anomali.

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Fonte: ISTAT

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