Dolmen di 6mila anni fa rasi al suolo da un escavatore per errore

Galizia, nord-ovest della Spagna, terra non solo del cammino di Santiago ma anche della massiccia presenza di una importante cultura megalitica. È qui che, nei giorni scorsi, alcuni operai hanno combinato un vero disastro, buttando a terra con un escavatore ben 3 dolmen risalenti a 6mila anni fa.

Galizia, nord-ovest della Spagna, terra non solo del cammino di Santiago ma anche della massiccia presenza di una importante cultura megalitica. È qui che, nei giorni scorsi, alcuni operai hanno combinato un vero disastro, buttando a terra con un escavatore ben 3 tombe risalenti a 6mila anni fa.

Secondo quanto si apprende dalla stampa spagnola, pare che il Comune di Ourense non abbia segnalato la presenza di questi dolmen o mámoas in quella zona e che la Comunità montana di Montes, ignara (com’è possibile?), abbia assunto degli operai per rimuovere delle erbacce (o, come dicono alcuni giornali locali, per preparare una piantagione di pini). Che hanno buttato giù un patrimonio.

Le mámoas sono formate da pietre e terra e possono essere visibili o trovarsi sotto una piccola montagna di terreno e, come spiega l’archeologo José María Eguileta, “sono una specie di tombe collettive della prima era dell’agricoltura”.

Si tratta in pratica dei tumuli che ricoprono e sostengono i dolmen, generalmente costituiti da due o più piedritti verticali che sorreggono l’architrave costituito da uno o più lastroni orizzontali ed era in origine ricoperta, protetta e sostenuta da un “mamoas, appunto.

Come denunciato dal Seprona (il Servicio de Protección de la Naturaleza spagnolo), che ha aperto un’indagine nei confronti di quattro persone per crimine contro il patrimonio storico, i resti distrutti riguarderebbero tre tombe megalitiche conosciute come il “tumulo di Barro” e due tumuli funerari di A Bugalleira, con notevoli danni. Tutti avevano 6mila anni ed erano beni di estremo interesse culturale, ultimi esempi di un patrimonio archeologico millenario che si sta perdendo proprio a causa di negligenza o interessi economici.

La cosiddetta operazione Sepúlcrum è stata aperta dalla Guardia Civil a seguito della denuncia presentata dall’associazione Mámoa Verde. Gli agenti hanno certificato la distruzione dei tumuli e le persone denunciate sono tre membri del consiglio direttivo della comunità di Montes de Loureiro e un operatore che gestiva i macchinari.

La distruzione di un solo mámoa può supporre multe fino a 150mila euro. Il sindaco di Ourense, Manuel Penedo, attribuisce ciò che è successo all’ignoranza sull’esistenza di tombe preistoriche in quel luogo. Ma c’è poco da crederci, commenta Chelo Montaner, portavoce dell’organizzazione Mámoa Verde, secondo cui “ tutto è catalogato ed è molto improbabile che i comuneros non conoscessero la sua esistenza”.

L’architettura megalitica dimenticata

Le prime grosse costruzioni trovate in Galizia risalgono all’età della pietra. Fu durante il periodo neolitico che si sviluppò la cultura megalitica, la cui costruzione più importante è l’anta o il dolmen, strutture funerarie su cui era costruito un tumulo.

Gli antas erano parzialmente o totalmente ricoperti di terra, formando un mámoa e sono anche conosciuti come medorras, medoñas o túmulos. I mámoas hanno piante circolari oppure ovali e nel paesaggio costituiscono dei veri e propri monti di terra simili alla mamma (da cui prendono il nome) e sono generalmente visibili a lunga distanza. La funzione di questi tumuli è quella della sepoltura collettiva e i morti vi erano accompagnati da un corredo di cibo, armi, strumenti, ornamenti e idoli. 

Un vero e proprio tesoro, quello della Galizia, eppure, leggendo qua e là tra i rotocalchi spagnoli, viene spesso e da molti denunciata la negligenza e l’incuria di luoghi storici come le costruzioni risalenti all’età della pietra della Galizia. Un fatto che, ahinoi, ricorda un po’ l’andazzo riservato a molti dei siti di interesse storico-artistico di noi cugini italiani, non è vero?

Leggi anche:

Germana Carillo

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook