Parkinson, scoperta shock: sarebbe causata dall’esposizione a tossine ambientali e pesticidi

Un recente studio ha rivelato che il morbo di Parkinson è causato da tossine ambientali, che innescano infiammazioni, danni mitocondriali e stress ossidativo anche decenni dopo l’esposizione

Le tossine ambientali sono sempre più riconosciute come un importante fattore di rischio per lo sviluppo della malattia di Parkinson. Si ritiene che la crescente incidenza della malattia sia parallela alla crescente industrializzazione e alle esposizioni associate a tossine ambientali.

È stato dimostrato che le tossine ambientali innescano infiammazioni, danni mitocondriali e stress ossidativo. A causa della specifica vulnerabilità delle cellule dopaminergiche a questi fattori, le tossine ambientali sono implicate nella morte delle cellule neuronali dopaminergiche associata allo sviluppo della malattia di Parkinson.

L’esposizione ai pesticidi è stata a lungo collegata al morbo di Parkinson e i pesticidi sono associati alla neurotossicità in diversi modi. Paraquat, rotenone e glifosato sono solo alcuni dei tanti colpevoli identificati attraverso studi epidemiologici come tossine che aumentano il rischio di Parkinson, in particolare tra coloro che hanno esposizioni professionali, come i lavoratori agricoli.

È stato dimostrato che i pesticidi compromettono l’integrità della barriera intestinale, portando a infiammazioni intestinali e sistemiche. Ciò si traduce in un accumulo di alfa-sinucleina mal ripiegata e neurodegenerazione. Un ulteriore meccanismo di neurotossicità separato dall’infiammazione comprende la produzione di radicali liberi, che causano danni cellulari diretti e influenzano la rimozione neuronale delle proteine ​​danneggiate o degradate, aumentando ulteriormente il danno cellulare.

Uno studio ha rilevato che il 23% dei casi di Parkinson sia negli uomini sia nelle donne erano associati all’esposizione a pesticidi, erbicidi o esposizioni chimiche di tipo militare.

L’Agente Orange e il tricloroetilene (TCE) sono tossine note per colpire i veterani. L’Agente Orange era un potente erbicida utilizzato dalle forze militari statunitensi durante la guerra del Vietnam per eliminare la copertura forestale e i raccolti. La diossina contenuta dell’Agente Arancio – che tra l’altro dello stesso tipo fuoriuscito nel disastro di Seveso o a Taranto – è stata associata al morbo di Parkinson.

Il TCE è un solvente industriale che è stato trovato nel cibo, nell’aria e nell’acqua ed è sempre più riconosciuto come una potenziale causa dell’aumento esponenziale dei casi di malattia di Parkinson osservato negli ultimi decenni.

È stato dimostrato che il TCE era presente nell’acqua potabile, e uno studio ha rilevato che i veterani esposti a livelli non sicuri di TCE avevano un rischio maggiore del 70% di sviluppare la malattia di Parkinson anche decenni dopo l’esposizione.

Un’altra importante eziologia ambientale per una moltitudine di problemi di salute è il particolato fine associato all’inquinamento atmosferico. È stato dimostrato che il particolato fine attraversa la barriera emato-encefalica e può generare una risposta immunitaria, osservabile valutando i livelli di citochine nel sangue e nel liquido cerebrospinale.

Queste citochine sono mediatori della segnalazione infiammatoria, promuovono il rigonfiamento dei tessuti, portando alla morte cellulare e al danno vascolare.

I ricercatori del Barrow Neurological Institute sono stati in grado di confermare una forte associazione a livello nazionale tra la malattia di Parkinson e il particolato fine utilizzando tecniche analitiche geospaziali.

Lo studio ha osservato che le differenze regionali nell’incidenza della malattia di Parkinson potrebbero riflettere differenze regionali nella composizione del particolato, con alcune aree contenenti più componenti tossici di altre.

Le esposizioni ambientali sono sempre più riconosciute come fattori di rischio nella patogenesi della malattia di Parkinson, e molti studi hanno dimostrato come queste esposizioni stiano contribuendo alla crescente incidenza della malattia.

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Fonte: Journal of Parkinson’s Disease

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