L’Italia vieta la carne sintetica, un’opzione di ricerca e sviluppo che non possiamo precluderci

Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge per il divieto di produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici. Una produzione che, in realtà, consentirebbe di non ledere il benessere animale, l’ambiente e la sicurezza alimentare. E anche in questo il Governo Meloni sembra lontano anni luce da reali alternative etiche, in nome di un “Made in Italy” che – soprattutto per quanto riguarda gli allevamenti – non sempre è sinonimo di sostenibilità

Approvato il disegno di legge che in Italia vieta il commercio e la produzione di carne e di altri alimenti ottenuti in laboratorio. “No al cibo sintetico, contro il cibo in provetta è meglio una vera porchetta”, “Difendiamo la dieta mediterranea”, “No agli oligarchi del cibo artificiale”, sono solo alcuni degli slogan che si sono letti su striscioni dai manifestanti nelle ultime ore, che sottolineavano a gran voce il pericolo imminente di una diffusione del cibo sintetico che avrebbe messo in ginocchio i nostri agricoltori.

Ma come stanno realmente le cose?

Dopo le farine di insetti, il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, si è schierato contro il cosiddetto cibo sintetico, ottenendo il via libera dell’ultimo Consiglio dei ministri per il disegno di legge che prevede il divieto di produrre e commercializzare cibo sintetico in Italia, con tanto di sanzioni fino a 60mila euro per chi trasgredisce.

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Cosa prevede il disegno di legge

Non solo la carne coltivata, ma anche pesce, latte e mangimi artificiali per animali. Il Governo ha in pratica approvato il divieto di produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici. Dure le sanzioni previste per chi contravverrà: vanno da 10 mila fino a 60 mila euro, ma possono arrivare anche al 10% del fatturato dell’azienda.

Nel mirino soprattutto la cosiddetta “carne sintetica”.

Tra gli alimenti sintetici quello su cui si è concentrata maggiormente la ricerca e la produzione è la carne che è il risultato di un processo di coltivazione cellulare operata in laboratorio su cellule animali staminali, la premessa del ddl. In alcuni Paesi extra europei sono – si legge nella bozza del provvedimento – in fase avanzata gli studi finalizzati alla produzione a fine commerciali di tali alimenti e negli Stati Uniti è arrivato il via libera alla prima carne di pollo prodotta in laboratorio cioè una carne che si produce facendo sviluppare in laboratorio cellule animali.

Lo status della ricerca e della sperimentazione degli alimenti sintetici sembra essere ad una fase embrionale, tale per cui non si è nelle condizioni, scientifiche soprattutto, di poter escludere che tali alimenti prodotti artificialmente, non abbiano delle conseguenze negative per la salute degli esseri umani.

Il Made in Italy a tavola messo a rischio dalla diffusione del cibo sintetico – si affrettano a dire da Coldiretti – vale quasi un quarto del Pil nazionale e, dal campo alla tavola, vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio e 10mila agricoltori in vendita diretta con Campagna Amica.

Cos’è la carne coltivata

Come spiega Animal Equality, la carne coltivata in vitro, nota anche come clean meat (carne in vitro), non deriva dalla macellazione degli animali, ma si tratta di un prodotto che replica in laboratorio carne, pesce e uova.

La tecnica ingegneristica prevede il prelievo di cellule muscolari che vengono poi nutrite con proteine che aiutano la crescita del tessuto. Una volta che il processo è partito, teoricamente è possibile continuare a produrre carne all’infinito senza aggiungere nuove cellule da un organismo vivente.

Si è stimato ad esempio che, in condizioni ideali, due mesi di coltivazione di dieci cellule muscolari di maiale potrebbero generare ad esempio 50.000 tonnellate di carne, si legge su AE.

Si tratta di un prodotto veg? Nei primi anni le tecniche di produzione si basavano sul siero fetale bovino. Attualmente e secondo il Good Meat, questo passaggio è stato superato e al momento l’azienda risponde così:

Quella che produciamo è vera carne ricavata dalle cellule anziché dagli animali macellati. Pertanto, il pollo coltivato che produciamo non è un prodotto vegetale, vegano o vegetariano. Tuttavia, se si segue una dieta vegana o vegetariana per motivi legati al benessere degli animali, GOOD Meat potrebbe essere una scelta etica per te.

Probabilmente solo questo è il punto e dal punto di vista ambientale una carne “no-kill” potrebbe impattare positivamente sulla vita degli animali allevati, ovvero riducendo il loro numero e la loro sofferenza drasticamente, sulla strada della completa eliminazione di allevamenti e macelli.

Cosa accade veramente?

Un Governo sempre più sottomesso alla volontà delle categorie che lucrano sulla pelle degli animali e che non ascolta le istanze, altrettanto legittime, di altri portatori d’interesse – come le associazioni che tutelano gli animali e il loro benessere – mai convocati ai tavoli, sempre ignorati.

Così l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) sul disegno di legge che vuole vietare la produzione e il consumo della cosiddetta “carne sintetica”:

Definizione tra l’altro volutamente erronea atta a suscitare un’ingiustificata repulsione. In realtà si tratta di carne coltivata derivante da cellule, un prodotto alimentare che viene realizzato utilizzando cellule animali.

Qual è il punto, dunque? Che tirare il freno a mano nei confronti di questa opportunità di sviluppo può significare continuare a perpretare un subdolo sfruttamento degli animali negli allevamenti e ad arrecare danni ingenti all’ambiente: secondo uno studio dei ricercatori di Oxford e dell’Università di Amsterdam, per esempio, la carne coltivata genera il 4% di emissioni di gas serra contro il 14,5% degli allevamenti e riduce il fabbisogno energetico fino al 45% e richiedendo il 2% della superficie terrestre.

Si tratta di circa 376 volte meno ettari di terra di quanti ce ne vogliono per il pascolo degli animali, e il 10% dell’acqua usata per il loro consumo, dice Animal Equality.

Sostituire l’industria della carne con modalità più sostenibili è questione di diritti animali, ma anche ambientali e sociali che i nostri tempi e la crisi climatica ci impongono. Siamo sicuri che va tutto bene?

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Fonti: Ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare / Coldiretti / OIPA

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