Shein, Temu e petrolio: l’impatto ambientale che non conosci della fast fashion

Secondo l’IEA, l’Agenzia internazionale per l’energia, la Cina ha un ruolo enorme nel plasmare le tendenze energetiche globali: negli ultimi dieci anni, il Paese è stato responsabile di quasi due terzi dell’aumento del consumo globale di petrolio. Ma, attenzione: quei prodotti petrolchimici non vengono più utilizzati principalmente come combustibili, ma nell’industria del tessile, alimentando catene impattanti come Shein e Temu

Il 90% dell’aumento della domanda di petrolio della Cina dal 2021 al 2024 proviene da materie prime chimiche come GPL, etano e nafta e tra il 2019 e il 2024, la capacità produttiva aggiuntiva cinese di etilene e propilene avrà abbondantemente superato le capacità messe insieme di Europa, Giappone e Corea del Sud.

Sono i numeri sconvolgenti dell’Agenzia internazionale per l’energia, secondo cui tra il 2018 e il 2023, la sola produzione cinese di fibre sintetiche è aumentata di 21 milioni di tonnellate, abbastanza per filare più di 100 miliardi di magliette in un anno.

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Cosa vuol dire? Che tutto ciò non fa che alimentare, ed è alimentato esso stesso, la più che rovinosa fast fashion, con Shein e Temu in prima linea.

Lo scenario

L’espansione del settore petrolchimico cinese, sta influenzando in modo significativo i mercati globali dei prodotti derivati ​​dal petrolio, come la plastica, le fibre sintetiche e i loro intermedi.

Secondo Materials Market Report, i volumi di produzione del poliestere sono aumentati da 61 milioni di tonnellate nel 2021 a 63 milioni di tonnellate nel 2022. Il poliestere continua a essere la fibra più prodotta, rappresentando il 54% del mercato globale nel 2022.

tessile petrolio cina

Secondo altri dati, nel 1975 nel mondo venivano prodotte circa 24 milioni di tonnellate di fibre tessili. Nel 2022, quel numero è quasi quintuplicato, superando i 113,8 milioni di tonnellate. Le fibre naturali, come il cotone o la lana, avevano un volume di produzione di 25,2 milioni di tonnellate, mentre le fibre chimiche (fibre sintetiche come poliesteri o poliammidi e fibre cellulosiche artificiali come viscosa o rayon) rappresentavano i restanti 87,6 milioni.

Il poliestere domina il mercato delle fibre tessili

La produzione di fibre chimiche ha superato quella del cotone a metà degli anni ’90 ed è più che raddoppiata negli ultimi 20 anni. Nel 2020, le fibre sintetiche rappresentavano più del 60% della produzione globale di fibre. E non solo, nonostante sia chiara la necessità di un consumo più responsabile delle risorse, le ultime previsioni indicano un aumento significativo della produzione di fibre nei prossimi anni.

Si prevede che la produzione globale di fibre raggiungerà i 149 milioni di tonnellate entro il 2030, un aumento considerevole rispetto al 2020. Ciò si traduce in una produzione pro capite di circa 17,5 chilogrammi pro capite nel 2030 rispetto ai 14 chilogrammi pro capite di dieci anni prima.

Da cosa è dettato tutto questo? Anche, come dicevamo, da piattaforme come Shein e Temu, in un circolo vizioso senza precedenti. Come mai?

Cosa c’entrano Shein e Temu

C’entrano eccome: rimane, infatti, ancora piuttosto sottaciuto come i colossi della fast fashion, come Shein e Temu appunto, siano in grado di alimentare il consumo oltre ogni limite di petrolio proprio per le sostanze chimiche usate nella produzione di vestiti.

Per loro, molte raffinerie private cinesi, come Rongsheng Petrochemical e Hengli Petrochemical, hanno messo a punto nuovi impianti specializzati in prodotti chimici come l’etilene (spendendo fior fiori di dollari) e, com’è ovvio, nel loro insieme queste nuove tendenze della moda stanno avendo un impatto ambientale sconcertante.

Prendiano ad esempio il consumo eccessivo di acqua (l’industria della moda, uno dei maggiori utilizzatori di acqua al mondo, consuma dai 20 trilioni ai 200 trilioni di litri ogni anno) e la diffusione delle microplastiche: le fibre di plastica vengono rilasciate quando laviamo il poliestere e altri tessuti a base di polimeri e costituiscono tra il 20% e il 35% delle microplastiche che soffocano gli oceani. A ciò si aggiungono sostanze chimiche specifiche, come quelle utilizzate per rendere i tessuti resistenti alle macchie e i pesticidi necessari per proteggere le colture.

Ed eccoci qui, il disastro più fast del mondo è servito.

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