Shein, vi spieghiamo cosa c’è di vero nelle richieste di aiuto dei lavoratori sulle etichette dei vestiti

Un’azienda discutibile che ha sfruttato le potenzialità della rete per diventare il sito di e-commerce più popolare del mondo trova proprio nella rete un suo possibile nemico: il passaparola di un complotto, vero o presunto, contro questo gigante dell’ultra-fast fashion

In genere si dice di non chiedere all’oste com’è il suo vino perché dirà che è buonissimo. Stesa cosa accade con Shein che sta facendo un’azione di debunking in merito alle condivisioni online di video con etichette dei loro vestiti dove compaiono richieste di aiuto tra i consigli di lavaggio nelle targhette intere dei vari capi. Tutto per dire che quei messaggi sono falsi e che nelle loro fabbriche si lavora nel rispetto di regole ferree.

Video bufala?

Alcuni influencer su TikTok e Twitter hanno condiviso video e post diventati virali con etichette di abiti “made in Shein” dove, tra un “lavare a freddo” e un “usa l’ammorbidente al primo lavaggio” sono apparsi degli s.o.s. con need your help ovvero ho bisogno del tuo aiuto.

Contenuti diventati popolarissimi con milioni di visualizzazioni che riportano alla memoria le richieste di aiuto trovate, negli anni precedenti, in manufatti realizzati da fabbriche turche o filippine per catene come Zara o Primark.

Debunking anche per Shein

Il sito di debunker specializzato in leggende metropolitane, Snopes, ha avviato un’indagine per scoprire che la maggior parte delle immagini condivise erano fuorvianti ma in particolare per due casi, l’origine dei messaggi è ignota.

La teoria del complotto, che si sta diffondendo online a macchia d’olio, è stata cavalcata da Shein che ha rilasciato un video via Tik Tok con la raccolta delle presunte richieste di aiuto apparse online per dire che si tratta di traduzioni maldestre dal cinese all’inglese di una frase “per favore, usa l’ammorbidente …” e anche per ricordare il rigoroso Codice di condotta diffuso e applicato dai fornitori, contro il lavoro minorile e forzato. Diverse di quelle immagini utilizzate sono relative però a episodi che non riguardano Shein.

Una denuncia di un’azione di boicottaggio ai danni del mondo dell’ultra fast-fashion o un semplice minestrone di etichette per cavalcare l’onda?

@shein_official

Recently, several videos were posted on TikTok that contain misleading and false information about SHEIN. We want to make it very clear that we take supply chain matters seriously. Our strict Code of Conduct prohibits suppliers from using child or forced labor and we do not tolerate non-compliance.

♬ original sound – SHEIN

Shein e il rapporto conflittuale con la rete

L’azienda, con sede nel distretto cinese di Guangzhou, sarebbe così diventata vittima delle logiche di internet. Quel mondo parallelo che, fino ad ora, ne ha decretato la crescita esponenziale fino alla valutazione da 100 miliardi di dollari della compagnia, realtà imprenditoriale capace di offrire un catalogo sempre nuovo di moda spazzatura da distribuire velocemente nei quattro lati del globo e che contribuisce a inquinare il Pianeta.

Un’ascesa incredibile e inarrestabile grazie soprattutto alle giovanissime generazioni che, sebbene attente alle tematiche ambientali, sono quelle alle quali si rivolge con successo questo gigante del poliestere.

La corazzata Shein

Nulla hanno potuto fino ad ora le indagini circa le precarie, a dir poco, condizioni di lavoro degli operari nelle fabbriche che realizzano e imballano abiti e oggetti di vario tipo. I negozi temporanei nelle città della moda, influencer che prestano volto e stories per questo brand tanto discusso, eventi di beneficienza, abiti in regalo in “cambio” di dati personali, linee inclusive e green hanno resto questa realtà nata nel 2008 un mostro sacro dell’e-commerce. Chissà che non sia arrivato il momento di sgonfiare quella che sembra una corazzata invincibile.

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Fonte: Snoops

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