Il finto pancione di Loredana Bertè a Sanremo ‘86, una provocazione tremendamente attuale

A 36 anni di distanza, fare mostra di un pancione finto potrebbe porre la questione sotto un'altra luce, altrettanto potente. Il gesto di Loredana Bertè sollevò al Festival di Sanremo 1986 un polverone senza precedenti

Anno 1986, pelle nera, spalline chiodate, un paio di strepitosi mezzi stivaletti. E un pancione finto che fece scalpore. Il gesto di Loredana Bertè sollevò al puritano (altrettanto finto?) Festival di Sanremo edizione numero 36 – quella di Adesso Tu di Eros Ramazzotti – un polverone senza precedenti.

Un gesto che nessuno mai ha voluto comprendere. Gli italiani, più propensi ad accettare le foto posticce di Postalmarket e dei rotocalchi rosa, non erano pronti a simili “attacchi” dal palcoscenico più visibile e più guardato del Bel Paese. Eppure la Bertè mise in piazza allora un tema che oggi più che mai suona tremendamente attuale, quello delle donne incinte, il cui ruolo, la cui forza, le cui capacità e la cui sensibilità non sono ancora del tutto chiari e accettati.

Era il 1986, gente, l’anno in cui partì il Maxiprocesso nella lotta alla Mafia di Palermo di Falcone e Borsellino, l’anno del disastro di Chernobyl e del Nobel a Rita Levi Montalcini, e mentre si sbavava alla vista di Tom Cruise in Top Gun e True Blue di Madonna (che in fatto di provocazioni e latex era già avanti una quindicina d’anni) diventava l’album straniero più venduto in Italia di sempre, noi qui si ricamava sul non-pancione della Bertè.

Una provocazione? Non proprio. Lei ama più dire, ancora oggi, che quello sulle note di Re (una bellissima canzone scritta da Mango) voleva essere un messaggio forte e chiaro: la donna in dolce attesa è ancora più forte, diventa simbolo di bellezza e vigore.

Una donna incinta non è malata ma ancora più potente.

Così lo dice forte e chiaro in un post recente:

https://www.instagram.com/p/CZZyX5WgmTF/?utm_source=ig_web_copy_link

Insomma, la TV era a colori da meno di un decennio e Loredana Bertè non le mandava a dire. Ma lei non piacque e probabilmente nemmeno adesso verrebbe compresa.

Solo Sting mi capì e mi disse passando: “Wow that’ s amazing!” Invece la casa discografica mi strappò addirittura il contratto discografico, racconta la rock star.

Lady Gaga trent’anni dopo è salita su un palco con un vestito simile, ma il quel caso nessuno ha gridato allo scandalo. Sul déshabillé dei Maneskin invece c’è qualcuno che ancora ci prova a sottolineare quanto Damiano e compagnia cantante siano fuori luogo. Ci viene da notare, insomma, che quando la musica è targata Italia, il bigottismo latente si faccia portabandiera di valori ormai minacciati irrimediabilmente da una assoluta dissolutezza.

Forse la Bertè nell’86 è sempre stata un po’ troppo avanti. Ma c’è da giurare che lo sarebbe ancora, nel 2022.

Se Bertè lo facesse oggi…

A 36 anni di distanza, fare mostra di un pancione finto potrebbe porre la questione sotto un’altra luce, altrettanto potente.

Vero e sacrosanto: le donne incinte non sono malate, come voleva dimostrare la Bertè, ma – ahinoi – rimangono persone i cui diritti sono troppo spesso calpestati.

In molti luoghi di lavoro una gravidanza non è prevista e, se “capita”, condannata col licenziamento. In molte professioni è necessario lavorare fino all’ultimo secondo per garantire un minimo e fino allo stremo per garantirsi una manciata di diritti. Ci lascia di stucco la notizia della donna di 37 anni, commercialista, che ha deciso di farla finita nel giorno del suo compleanno e al nono mese di gravidanza. Al nono. Significa che aveva un macigno sulle spalle che in troppi non si sono accorti esistesse.

Mia moglie è stata travolta dal lavoro. Giuliana amava tantissimo la sua professione. Lo faceva con passione ma si impegnava troppo. Non sapeva dire di no. Nemmeno adesso che era al nono mese di gravidanza. Questo l’ha distrutta, dice il marito.

Se la Bertè lo facesse oggi? Chi lo sa se sarebbe capace di togliere quel velo di ipocrisia che ruota attorno a una donna incinta. Lasciata troppo spesso sola a combattere con un lavoro che altrimenti le negherebbero e con i fantasmi di una vita che cambia. Totalmente.

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