Ti spiego cosa può succedere quando le donne vengono oppresse

“Le Furie. Donne, vendetta e giustizia” narra le storie di donne oppresse dalla violenza maschile che si sono ribellate con atti di vendetta molto crudi. Vicende su cui tutti noi dovremmo riflettere attentamente

Il racconto delle vicende narrate nel libro “Le Furie. Donne, vendetta e giustizia” svela una realtà cruda e spesso taciuta: la risposta della donna all’oppressione e alla violenza maschile attraverso atti di vendetta. Queste storie, pur essendo estreme, mettono in luce l’urgenza di affrontare seriamente il problema della violenza di genere e l’inefficacia delle istituzioni nel proteggere le donne.

A scriverle è Elizabeth Flock che ha subìto lei stessa una violenza a Roma, perpetrata da una guida turistica locale. la donna però non ha reagito e non ha denunciato per paura di non essere creduta e mancanza di fiducia nelle autorità, temi che spesso spingono le donne a rimanere in silenzio di fronte alla violenza sessuale.

L’impotenza provata da Elizabeth e il suo desiderio di vendetta riflettono una disperata ricerca di giustizia personale in assenza di supporto istituzionale. Da qui la volontà di scrivere un libro che è il risultato della sua continua ricerca di donne che hanno preso in mano la situazione.

Il caso di Brittany Smith

La storia di Brittany Smith in Alabama è emblematica delle difficoltà che le vittime di violenza sessuale incontrano nel sistema giudiziario. Brittany, uccidendo il suo aguzzino che l’aveva presa a testate prima di strangolarla e violentarla (per poi accanirsi contro il fratello), incarna una risposta radicale alla violenza subita.

Questo atto estremo sottolinea la problematica dell’autodifesa e dei suoi confini legali e morali, in un contesto in cui il sistema legale non offre protezione adeguata. Nonostante le evidenze fisiche dell’aggressione, le autorità hanno messo in dubbio la sua esperienza, mostrando una profonda sfiducia nei confronti delle vittime di violenza sessuale. La sua condanna ha rappresentato un fallimento del sistema nel riconoscere e punire adeguatamente gli aggressori.

Angoori Dahariya e la “Green Gang”

E ancora Angoori Dahariya e la “Green Gang” in India sono un esempio di come le donne possano organizzarsi per combattere la violenza di genere e l’oppressione. L’azione diretta di Angoori contro le ingiustizie dimostra una ricerca di giustizia al di fuori delle istituzioni tradizionali, che spesso falliscono nel proteggere le donne.

Angoori, quando un proprietario terriero di alta casta cercò di cacciare la famiglia dalla terra che avevano acquistato, lo picchiò con un bastone di bambù. Poi creò una banda di donne che indossavano il sari e brandivano bastoni affrontando chiunque volesse fare male alle donne.

La situazione degenerò quando nel 2010 Angoori diede fuoco alla stazione di polizia quando una delle donne sostenne che gli indiani di casta superiore avevano fatto uccidere il marito dalla polizia. Un altro caso eclatante si ebbe nel 2015 quando una ragazza adolescente è stata violentata da due uomini e Angoori ha risolto il caso rapendo la madre della vittima finché questa non ha identificato gli aggressori. Al suo apice la “Green Gang” contava migliaia di membri, ma la sua enfasi sulla violenza fisica ha portato a una diminuzione del sostegno e con il Covid si è definitivamente sfaldata.

https://www.instagram.com/p/B1dJH-zFA14/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA==

Cicek e l’YPJ

C’è poi il caso di Cicek. Cresciuta come curda in una cultura che proibiva alle ragazze di giocare a calcio o di andare in bicicletta, Cicek ha fatto entrambe le cose. Sognava di entrare nell’esercito siriano e, quando le forze curde hanno difeso le loro terre dall’ISIS, a 17 anni si è unita all’YPJ (Unità di protezione delle donne), un reggimento tutto al femminile in cui le donne guerriere imbracciavano le armi.

Cicek, lottando con l’YPJ in Siria, rappresenta la resistenza armata delle donne contro l’oppressione estrema. La sua storia evidenzia la capacità delle donne di partecipare attivamente alla difesa e alla lotta per i diritti, anche in contesti di guerra. Tuttavia, le conseguenze psicologiche e fisiche di tale impegno sottolineano il costo umano della violenza. Alla fine, infatti, si ritirò a vita privata dopo aver ucciso troppe persone ed essere stata troppe volte ferita.

Queste narrazioni espongono la dura realtà della violenza di genere e l’urgente necessità di sistemi di supporto e protezione più efficaci per le donne. Mentre la vendetta può offrire un senso temporaneo di giustizia, è evidente che la soluzione a lungo termine richiede un cambiamento sistemico per garantire la sicurezza, il rispetto e la giustizia per tutte le donne.

Le storie di “Le Furie” sono dunque un potente promemoria della forza e della resilienza femminile di fronte all’ingiustizia, ma anche un monito sulla necessità di affrontare e risolvere le radici della violenza di genere nella società.

Non vuoi perdere le nostre notizie?

Ti potrebbe interessare anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook