Così la tua crema solare sta minacciando seriamente la Posidonia Oceanica, il polmone blu del Mar Mediterraneo

Che l'utilizzo di creme solari con filtri controversi stia contribuendo a danneggiare gli Oceani è cosa ormai appurata. Non a caso alcuni Paesi ne hanno vietato l'uso per proteggere la barriera corallina. A rischio però, come scoperto da un recente studio, c'è anche la Posidonia Oceanica che è considerata un vero e proprio polmone per il Mar Mediterraneo

C’è una pianta acquatica seriamente in pericolo a causa dell’uso di creme solari dannose che tendono ad accumularsi tra le sue foglie e rischiano di farla scomparire. Parliamo della Posidonia Oceanica, che contribuiscono a danneggiare anche altre tipologie di inquinamento, oltre che la pesca e i cambiamenti climatici.

Ma, tornando al ruolo delle creme solari, uno studio pubblicato sulla rivista Marine Pollution Bulletin ha scoperto che alcuni filtri e altre sostanze presenti nelle protezioni in creme e spray tendono ad accumularsi nella Poseidonia Oceanica. Si tratta di:

  • ossibenzone (BP3)
  • 4-metilbenzilidene canfora (4-MBC)
  • metilparabeni
  • avobenzone 4-metile
  • benzofenone (BP4)
  • benzotriazole (MeBZT)

Ma che danni producono le creme solari alla Poseidonia Oceanica? L’accumulo di queste sostanze tra le fronde e i rizomi della pianta acquatica certamente non portano a nulla di buono, anche se per capire quali danni effettivi si rischiano saranno necessari ulteriori studi.

I ricercatori, comunque, si sono mostrati decisamente preoccupati per i potenziali effetti dannosi delle creme solari su questa pianta, fondamentale per l’ecosistema marino.

alghe accumulo filtri solari

©Marine Pollution Bulletin

Il ruolo della Poseidonia Oceanica nell’ecosistema marino

Per capire cosa si rischia, dobbiamo innanzitutto comprendere l’importanza e il ruolo della Poseidonia Oceanica nell’ecosistema marino.

Questa pianta è considerata il “polmone blu” del Mar Mediterraneo. Riesce infatti ad assorbire ed immagazzinare grandi quantità di anidride carbonica (che converte poi in zuccheri i quali vengono espulsi dalle radici) donando al suo posto ossigeno.

Le stime parlano di numeri davvero importanti: ogni metro quadrato di Poseidonia, che si sviluppa in vaste praterie, può liberare addirittura una quantitativo di ossigeno giornaliero che è 5 volte maggiore di quello che libera un metro quadrato di foresta ammazzonica (ecco perché il meritatissimo soprannome di “polmone blu”).

Ma il suo ruolo non finisce certo qui: la Posidonia è infatti l‘habitat ideale di molte forme di vita marina e quindi grande custode della biodiversità. Inoltre, uno studio, ha anche scoperto che i residui fibrosi prodotti dalla Posidonia Oceanica (noti come Egagropili) possono catturare e rimuovere milioni di particelle di plastica dal mare. Insomma, questa pianta acquatica funge anche da spazzina dei mari.

 

Ultimo, ma non per importanza, il ruolo di questa pianta acquatica nel proteggere le aree costiere dall’erosione. La Posidonia è infatti in grado di intrappolare il sedimento e stabilizzare il fondo marino, tutto questo fa sì che le onde si infrangano più lontane dalla costa, con conseguente minore erosione costiera durante le mareggiate.

Come avrete capito, insomma, la Poseidonia Oceanica ha un ruolo davvero fondamentale e metterla in pericolo sarebbe un grave rischio per il benessere del Mar Mediterraneo.

Davvero vogliamo rischiare di danneggiarla continuando ad utilizzare creme solari nemiche dell’ambiente?

E, come già dicevamo all’inizio, non sono certo solo le creme a metterla in pericolo. In un precedente articolo vi abbiamo parlato di uno studio che mostra come la Posidonia risenta anche dell’inquinamento acustico.

Cosa possiamo fare?

Scegliamo con attenzione le creme solari che acquistiamo, preoccupandoci non solo che effettivamente ci proteggano dal sole ma anche che non contengano fitri e sostanze controverse che possono danneggiare gli ecosistemi marini.

Naturalmente, se confermata la pericolosità di alcune creme solari per la Posidonia Ocenica, sarà necessario agire in maniera più drastica. Come si legge nelle conclusioni dello studio:

Chiaramente, ora che sappiamo che il componente chiave degli ecosistemi costieri mediterranei , P. oceanica accumula UVF nei suoi tessuti, dovrebbero essere condotti più studi sperimentali sui loro effetti e verificare se dovremmo seguire l’esempio e vietare alcuni UVF per proteggere questa specie come è stato fatto in altre regioni per proteggere i coralli.

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Fonte: Marine Pollution Bulletin

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