Stop all’ingresso di cani dai rifugi dall’Ucraina, l’Italia vieta l’accesso agli animali

L'Italia ha vietato ai cani e gatti randagi provenienti dall'Ucraina l'ingresso nel paese. Gli animali che non potranno più varcare il confine del nostro Stato, anche se presi in carico dalle associazioni, secondo quanto trasmesso in una nota del Ministero della Salute.

Il transito di cani e gatti provenienti dai rifugi e dalle strade dell’Ucraina non è più consentito al momento nel nostro paese dopo che la Delegazione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della Salute ha trasmesso una nota rivolta alle Regioni, alle Province autonome, ad enti veterinari e ad alcune associazioni animaliste che in queste settimane avevano fatto di tutto per entrare nel territorio ucraino e portar via da lì quanti più animali possibili.

Dal 1° marzo l’Unione Europea aveva deciso di accogliere nei suoi territori i rifugiati in fuga dall’Ucraina con i loro animali, offrendo loro asilo e diritti immediati. (Leggi anche: Decisione storica: l’UE offre protezione temporanea alle persone in fuga dalla guerra in Ucraina)

L’ingresso di animali senza proprietario aveva tuttavia destato non poche preoccupazioni da parte del Ministero della Salute italiano per la possibile diffusione di zoonosi, ossia malattie trasmissibili dagli animali all’uomo; una di queste è la rabbia.

Nel 2021 in Ucraina sono stati notificati, secondo il Rabies Bulletin Europe, 109 casi di rabbia nei cani, 130 nei gatti e 132 nei mammiferi selvatici.

Ciò ha spinto il Ministero a rivolgersi all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie che, tra le misure di controllo della rabbia, ha fornito indicazioni e misure per la prevenzione della malattia. Il divieto di valicare il confine vale solo per gli animali senza proprietario, quindi per i cani ed i gatti dei rifugi e di tutte le altre strutture colpite dalle bombe, mentre i rifugiati possono continuare ad accedere agli Stati membri dell’UE con i loro animali se dispongono di determinati requisiti qui elencati.

Secondo il Regolamento europeo 576/2013 gli animali da compagnia possono entrare negli Stati terzi se in possesso di:

  • identificazione di microchip;
  • vaccinazione antirabbica;
  • titolazione anticorpi rabbia superiore o uguale alle 0,5 UI/ml (iv) eseguita non meno di 3 mesi antecedenti alla data di ingresso nel territorio europeo.

Dal documento si legge nello specifico che tutti gli animali da compagnia al seguito di proprietari provenienti dall’Ucraina:

  • se in possesso di microchip e certificato di vaccinazione antirabbica, devono essere sottoposti a prelievo ematico per titolazione anticorpi rabbia e successivamente ad un periodo di osservazione di 3 mesi, se l’esito dell’esame è positivo, di 6 mesi se negativo;
  • se non in possesso di microchip e certificato di vaccinazione antirabbica, devono essere sottoposti immediatamente a riconoscimento con microchip e vaccinazione antirabbica e ad un periodo di osservazione di almeno 3 mesi.

La risposta da parte delle associazioni animaliste è stata celerissima, LAV ha definito questa misura una “una decisione discriminatoria” e ha inoltrato una lettera al Ministro della Salute, Roberto Speranza dove scrive:

LAV, pur condividendo l’attenzione del Ministero nei confronti di questa zoonosi, ritiene questa misura penalizzante e discriminatoria nei confronti di animali che patiscono i bombardamenti e sono spesso senza né cibo né acqua, come quelli nel rifugio vicino Kiyv dell’italiano Andrea Cisternino, per il quale è necessario ottenere da parte del Ministro degli Esteri Di Maio un corridoio umanitario”

L’associazione chiede “un intervento per consentire l’ingresso in Italia anche di animali provenienti dal rifugio o vaganti sul territorio e di emanare disposizioni secondo le quali i citati animali possano essere introdotti da un’Associazione riconosciuta”,  ricordando per altro al Ministro che non tutti gli animali ucraini sono sprovvisti di vaccinazione antirabbica e che, con le dovute precauzioni, vi è la possibilità di introdurli senza rischi per la salute umana.

Fonte: Nota Ministero della Salute

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