Lo zero termico ha superato nuovamente i 5000 metri e a settembre non è affatto normale

Sulle vette alpine il bianco del ghiaccio sta diventando un lontano ricordo. A settembre abbiamo registrato un altro triste record: lo zero termico zero termico a quota 5253m, il secondo valore più preoccupante degli ultimi 70 anni

No, il raggiungimento zero termico ad alta quota sulle Alpi non è più un’anomalia temporanea. Il caldo intenso non dà tregua neanche alla fine dell’estate. Dopo il record di un paio di settimane, il 4 settembre alle 2 di notte la radiosonda lanciata da Payerne – nella Svizzera occidentale – ha registrato l’isoterma di 0°C a 5253 metri sul livello del mare. Si tratta del secondo valore più elevato degli ultimi 70 anni, ovvero da quando sono state avviati i monitoraggi.

L’allarmante primato è leggermente inferiore a quello dello scorso 21 agosto, quando lo zero termico è stato rilevato ad un’altitudine di 5253 metri.

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Purtroppo, questa situazione – inaspettata per un periodo come settembre – potrebbe durare ancora diversi giorni, dato che l’anticiclone che sta portando caldo africano continuerà ad insistere sull’Europa.

“Fino al 10-11 settembre lo zero termico sulle Alpi oscillerà tra i 4500 e i 5000 metri, con geopotenziali tra i 5880 e i 5940 metri” fa sapere Giulio Betti, meteorologo ed esperto del clima del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche).

 

Con l’espressione “zero termico” si fa riferimento all’altitudine al di sopra della quale la temperatura dell’aria, nella libera atmosfera, rimane sempre minore di zero. A pagarne le disastrose conseguenze sono i nostri maestosi ghiacciai alpini, di anno in anno sempre più in agonia. Basta mettere a confronto le loro foto più vecchie con quelle degli ultimi anni per accorgersi che stanno sparendo a vista d’occhio.

Invece di essere ricoperta di bianco, la Marmolada è dominata dal grigio delle rocce, come abbiamo potuto vedere qualche giorno fa di persona.

Non va affatto meglio sull’Adamello, dove si trova il ghiacciaio più esteso del nostro Paese. La sua sofferenza è palpabile: dal 2015 ad oggi ha registrato una perdita di 50 ettari di superficie (pari a 70 campi da calcio), come emerso nel corso della campagna “Carovana dei ghiacciai” portata avanti da Legambiente. Negli ultimi 12 anni abbiamo assistito ad un arretramento frontale di 330 metri, di cui 139 metri soltanto nel 2022.

A destare grande preoccupazione è anche il Ghiacciaio del Dosdé, in Alta Valtellina, che non è stato risparmiato dagli effetti terribili del riscaldamento globale. Dal 1932 si è ritirato di oltre 1 km, di cui circa 650 metri solo dagli anni Ottanta ad oggi, mentre la sua superficie si è ridotta addirittura del 47% negli ultimi 30 anni, passando da 112 ettari del 1991 agli attuali 60 ettari circa. Una perdita che equivale a circa 2,5 campi da calcio l’anno.

La fusione dei ghiacciai, a ritmi sempre più veloci, non stravolgerà soltanto i nostri paesaggi, esponendoci sempre più spesso al rischio valanghe. Le ondate di calore intenso, accompagnate dalle precipitazioni sempre più rare, e la conseguente scomparsa del ghiaccio contribuirà inevitabilmente ad aggravare la piaga della crisi idrica nel nostro Paese.

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Fonti: MeteoSchweiz/Legambiente Alpi

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