Non è nebbia, ma smog. Così i quadri degli impressionisti mostrano l’inquinamento atmosferico delle città industriali

Con la loro pittura "en plein air", gli impressionisti sono stati i primi a catturare gli effetti dello smog sui paesaggi urbani di fine Ottocento

Tutti abbiamo in mente le opere d’arte degli impressionisti come Monet, Manet o Turner: la rappresentazione della realtà, per questa corrente artistica, passava attraverso lo studio quasi ossessivo della luce e i suoi effetti sugli oggetti – non è un caso che la maggior parte della produzione artistica di questo filone sia legata alla pittura en plein air, all’aria aperta.

Ma gli impressionisti potrebbero aver fatto molto di più che fermare sulla tela una particolare condizione di luce: i loro quadri potrebbero essere una vera e propria fotografia dei livelli di smog delle città europee alla fine dell’Ottocento.

Lo affermano i ricercatori dell’università Sorbona di Parigi che, in collaborazione con i ricercatori di Harvard, hanno condotto uno studio proprio sulla nitidezza delle immagini nei quadri impressionisti – in particolare, su come questa nitidezza sia andata a perdersi a mano a mano che si avvicinava la fine del secolo e si diffondevano i prodotti della Rivoluzione Industriale.

I ricercatori si sono interessati alle opere di due pittori impressionisti, molto attivi nella seconda metà del XIX secolo: Claude Monet, francese, e Williamo Turner, inglese. Entrambi ci hanno lasciato numerose rappresentazioni di cieli, utili a dedurre informazioni sui livelli di smog e inquinamento atmosferico dell’epoca.

Durante la Rivoluzione Industriale, l’inquinamento atmosferico nelle città crebbe in modo notevole – effetto della nascita delle centrali a carbone per la produzione di energia elettrica e dello sviluppo di fabbriche, che rilasciavano nell’aria particelle microscopiche tossiche.

Questa fuliggine sospesa nell’aria è in grado di assorbire la luce solare e di disperderla, rendendo meno nitidi i contorni e i dettagli delle figure in lontananza. Pensate alle fotografie delle città inquinate di cui disponiamo oggi, come Pechino o Nuova Delhi: palazzi e infrastrutture sembrano avvolti dalla nebbia.

Studiando le opere più tarde di Turner e Monet, i ricercatori hanno osservato un fenomeno molto simile: contorni meno definiti, colori più tenui, un cielo in generale più grigio – caratteristiche ben diverse rispetto a quelle che si possono notare nei quadri giovanili.

studio monet ridotto

@PNAS

Per Monet, gli autori hanno esaminato 38 dipinti prodotti tra il 1864 e il 1901. Per Turner, hanno esaminato 60 dipinti ad olio composti tra il 1796 e il 1850. L’evoluzione pittorica verso paesaggi inquinati è evidente nel tratto di entrambi gli artisti.

All’epoca di questi artisti la fotografia non era ancora diffusa, eppure questi dipinti sono in grado di restituirci paesaggi urbani sempre più inquinati e deteriorati dallo sviluppo industriale umano proprio, cogliendo come un’istantanea l’aumento dello smog.

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Fonte: PNAS

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