Questo è uno dei fiumi più “oscuri” del mondo: le sue acque sono talmente nere da aver stupito anche gli scienziati

Il fiume Ruki, un enigmatico corso d'acqua del Congo, ha suscitato stupore tra i ricercatori per le sue acque intensamente scure: ma cosa le rende così uniche?

Mentre si avventuravano nelle profondità della giungla, i ricercatori hanno fatto una scoperta sorprendente: il fiume Ruki, affluente del maestoso Congo, presentava acque di un nero così profondo da rendere impossibile vedere la propria mano immersa sotto la superficie. Travis Drake, membro del team di ricerca del Politecnico di Zurigo, ha condiviso il loro stupore di fronte a tale fenomeno, mettendo in luce la particolare tonalità dell’acqua nel loro studio pubblicato su Limnology and Oceanography. Collaborando con il gruppo Sustainable Agroecosystems di Johan Six e con istituti di ricerca internazionali, gli esperti hanno evidenziato che, confrontato con altri fiumi tropicali maestosi, il Ruki potrebbe essere il più scuro tra tutti, superando persino il noto Rio Negro dell’Amazzonia.

L’incredibile colore del fiume non è un caso: è la conseguenza di una massiccia presenza di materiale organico disciolto, con un’assenza quasi totale di sedimenti, dovuta alla particolare morfologia del fiume con pendenze minime. Queste sostanze cariche di carbonio, infatti, provengono principalmente dalle precipitazioni che cadono sulla foresta, trasportando composti organici dalle piante in decomposizione. Durante la stagione delle piogge, il Ruki esonda, e queste acque ricche di elementi organici impiegano settimane per ritirarsi, filtrando costantemente nuove sostanze dalla vegetazione circostante. Secondo Drake, il fiume può essere paragonato a “un tè fermentato dalla giungla stessa”.

Perché il Ruki è così Speciale?

Il Ruki non è solo notevole per le sue acque. Questo fiume, largo circa un chilometro e confluente nel Congo, si distingue per il suo ecosistema unico. Il suo vasto bacino idrografico, quattro volte la Svizzera, rimane un rifugio per foreste pluviali primarie e torbiere che immagazzinano quantità significative di carbonio, fungendo da importanti serbatoi di questo elemento. Nonostante la sua eccezionalità, la regione del Ruki è rimasta sorprendentemente inesplorata nella ricerca scientifica. Le sue dinamiche stagionali sono state osservate sin dagli anni ’30, ma solo recentemente si è iniziato a sondare la composizione chimica delle sue acque.

Nel 2019, la squadra di Drake ha intrapreso una missione scientifica senza precedenti, installando una stazione di monitoraggio vicino a Mbandaka, poco prima della confluenza tra Ruki e Congo. Affrontando la mancanza di infrastrutture e affidandosi a metodi rudimentali, hanno monitorato il deflusso e i livelli d’acqua, raccogliendo dati cruciali nonostante le sfide logistiche.  Le scoperte hanno enfatizzato il ruolo eccezionale del Ruki come uno dei sistemi fluviali con la più alta concentrazione di carbonio organico disciolto.

Sebbene copra una frazione del bacino del Congo, le sue acque contribuiscono in modo significativo al bilancio di carbonio del fiume principale. Gli studiosi hanno inoltre identificato un’importante dinamica stagionale nella liberazione di carbonio dalle torbiere, un aspetto ancora avvolto nel mistero ma fondamentale per la stabilità di questi delicati ecosistemi. Di fronte all’interesse delle corporation verso le risorse del Ruki, la deforestazione e il cambiamento d’uso del suolo potrebbero innescare un pericoloso rilascio di CO2, mettendo a rischio le torbiere che attualmente immagazzinano circa 29 miliardi di tonnellate di carbonio.

La ricerca condotta da Johan Six e il suo team sul ciclo del carbonio nel bacino del Congo ha portato alla luce l’importanza cruciale di questi sistemi fluviali. Durante un’esplorazione biogeochimica, la scoperta del Ruki ha arricchito ulteriormente la loro comprensione, spingendoli a esaminare altri affluenti e contribuendo pezzo dopo pezzo a completare l’intricato puzzle del ciclo del carbonio in queste regioni vitali.

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Fonte: ETH Zurich

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