Il rumore delle attività umane è devastante per capodogli, balene e delfini. Il report

Pubblicato il report del WWF sugli effetti devastanti dell'inquinamento acustico in mare per la vita dei pesci e dei cetacei

Pubblicato il report del WWF sugli effetti devastanti dell’inquinamento acustico in mare per la vita dei pesci e dei cetacei, fra le specie maggiormente a rischio di estinzione second l’IUCN. L’associazione chiede la governo italiano misure concrete per salvaguardare gli animali

Si dice essere muto come un pesce. Che i pesci siano muti o meno, non ci è dato di saperlo – ciò che è certo, tuttavia, è che il nostro rumore danneggia (e non poco) la loro esistenza in mare. È quanto emerge dal nuovo report del WWF Rumore antropico nel mare, sopportabile per l’uomo, deleterio per i cetacei, con il quale l’associazione ambientalista chiede alle istituzioni italiane misure urgenti per normare e ridurre le emissioni sonore di origine antropica nel Mar Mediterraneo.

Qual è la situazione nel Mediterraneo

L’inquinamento acustico nei mari è un’emergenza che va affrontata al più presto. I pesci, e in particolare i cetacei, sono animali profondamente sensibili ai suoni e ai rumori: sia gli odontoceti (cetacei con i denti, come capodogli e delfini) che i misticeti (muniti di fanoni, come le balene) hanno infatti sviluppato specifici adattamenti per sfruttare al meglio il suono come strumento di comunicazione, nonché di orientamento, riproduzione, predazione e percezione dell’ambiente subacqueo. L’esposizione ai rumori provocati dall’uomo ha numerosi effetti negativi sui pesci, come l’abbandono dell’habitat o la perdita dell’udito.

I cetacei sono mammiferi marini che dipendono fortemente dalla comunicazione sonora e l’inquinamento acustico derivante da traffico nautico, indagini sismiche, sonar, sfruttamento di giacimenti di olio e gas, impianti eolici offshore provoca purtroppo conseguente gravi su balene, delfini e altri mammiferi marini – si legge nel report.

Sono due le categorie di rumori dannosi per i cetacei, secondo il report. I rumori impulsivi (o a impatto), come quelli provocati dai sonar e dalle esplorazioni petrolifere e oceanografiche, sono suoni di breve durata ma ad alte frequenze, che possono ripetersi nel tempo. I rumori continui, come quelli del traffico delle imbarcazioni, sono suoni a frequenze più basse, ma di durata più lunga.

Il traffico marittimo, in particolare, rappresenta la più grave minaccia per i cetacei del Mediterraneo. Negli ultimi vent’anni è quasi raddoppiato (con un tasso di crescita del 3-4% all’anno), influenzando negativamente la comunicazione sonora fra le balene (inficiandone l’alimentazione e la riproduzione); inoltre, la collisione con le grandi navi in transito nel mare rappresenta una delle principali cause di ferimento e morte di questi grandi mammiferi: ogni anno, secondo il WWF, circa 40 grandi mammiferi marini (balenottere comuni e capodogli) rimangono uccisi a seguito delle collisioni con le navi.

(Leggi anche: Spiagge e specie a rischio: perché la Giornata del Mar Mediterraneo oggi è più importante che mai)

Cosa chiede il WWF

L’associazione ambientalista chiede alle istituzioni un impegno concreto nella salvaguardia del delicato ecosistema marino e nella riduzione dell’inquinamento acustico in mare. In particolare, chiede lo sviluppo di un piano di gestione dello spazio marittimo italiano in accordo con la Direttiva 2014/89/UE sulla Pianificazione dello Spazio Marittimo che comprenda il 30% dello spazio marino protetto in modo efficace e garantisca la riduzione degli impatti cumulativi sulle aree critiche per i cetacei e la protezione delle Aree Marine Protette all’interno del bacino mediterraneo, sviluppando adeguate misure di conservazione e promuovendo formazione e ricerca.

È ormai evidente come la conservazione dei cetacei nei mari del mondo dipenda da una serie di importanti fattori, tra cui la nostra capacità e volontà di ridurre l’inquinamento acustico, a cominciare dallo sviluppo di una normativa, oggi assente – afferma Donatella Bianchi, presidente del WWF Italia. – È inoltre quanto mai urgente e necessario che istituzioni, enti di ricerca, aziende e società civile si impegnino per implementare programmi di monitoraggio esaustivi su scala nazionale per aggiornare lo stato di conservazione delle specie di cetacei e identificare le aree critiche per i cetacei nei mari italiani.

QUI è possibile leggere il report completo.

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