Spiagge e specie a rischio: perché la Giornata del Mar Mediterraneo oggi è più importante che mai

L'8 luglio è la Giornata del Mediterraneo – un momento per prendere consapevolezza di quanto la mano dell’uomo lo stia danneggiando

Si celebra oggi, 8 luglio, la Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo – una giornata per ricordare la bellezza e la ricchezza del nostro mare, ma soprattutto un momento per prendere consapevolezza di quanto la mano dell’uomo stia danneggiando questo prezioso e fragile ecosistema.

Il nostro Mar Mediterraneo – che ospita oltre 12.000 specie animali e vegetali, vale a dire il 12% della biodiversità marina mondiale – è in pericolo. Rifiuti plastici, pesca selvaggia e sconsiderata, sfruttamento dell’ecosistema, ma anche traffico navale sempre più intenso e poco rispettoso dei ritmi del mare: la mano dell’uomo si vede in ogni danno inflitto a questo meraviglioso bacino di biodiversità. L’8 luglio è una data simbolica scelta per celebrare la bellezza del Mediterraneo ma anche per sensibilizzare le persone alla sua tutela.

Secondo il rapporto biennale della FAO sulla pesca e l’acquacoltura (pubblicato lo scorso anno), il consumo di pesce nel mondo ha raggiunto un nuovo record di 20,5 chilogrammi pro capite all’anno – e tale quantità è destinata ad aumentare ulteriormente nel prossimo decennio: l’organizzazione stima infatti che nel 2030 la produzione ittica nel mondo arriverà a toccare i 204 milioni di tonnellate (+15% rispetto ai dati del 2018).

Purtroppo però, quasi il 35% del pesce che finisce sulle nostre tavole viene pescato a livelli biologicamente non sostenibili. Il mare più danneggiato dalla pesca intensiva è proprio il nostro Mediterraneo (62,5% degli stock sovra sfruttati), seguito dal Pacifico sudorientale e dall’Atlantico sudoccidentale.

Il fenomeno della pesca selvaggia ha effetti negativi non solo sulla biodiversità e sull’ecosistema del mare, ma anche sulla vita degli insediamenti umani che in quel mare si specchiano: i pescatori impiegati nel circuito della pesca intensiva sono troppo spesso sfruttati e malpagati, con pesanti conseguenze sull’economia locale. La piccola pesca, invece, darebbe lavoro a molte più persone, produrrebbe di più e inquinerebbe di meno.

(Leggi anche: Il 60% delle spiagge del Mediterraneo è inquinato da mascherine e guanti)

C’è poi il problema della plastica. Il nostro paese è uno dei tre maggiori inquinatori del Mediterraneo (gli altri sono Egitto e Turchia): dalle nostre coste, infatti, finiscono in mare ogni anno 34.000 tonnellate di rifiuti plastici – il 94% di questi è sostituito da macroplastiche e il 6% da microplastiche (difficilissime da recuperare e smaltire, finiscono nella catena alimentare dei pesci e tornano a noi sotto forma di cibo). Uno studio condotto e pubblicato dall’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN) denuncia che solo una piccolissima parte di questi rifiuti plastici (0,1%) torna sulle spiagge, venendo così recuperata e smaltita.

Lo scorso 3 luglio sarebbe dovuta entrare in vigore la direttiva UE sullo stop alla plastica monouso per ridurre la produzione e il consumo di questo materiale altamente inquinane. Purtroppo però, la direttiva prevede che gli oggetti già prodotti siano venduti e consumati fino ad esaurimento scorte; inoltre, sono già in atto trattative tra gli stati membri e la Commissione europea per attenuare gli effetti della direttiva sul comparto industriale, fortissimo soprattutto in Italia e Spagna – tutto a danno del nostro mare.

Fonti: FAO / SlowFish / WWF / IUCN

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