Dall’Intelligenza Artificiale alle meduse robot, così la tecnologia può aiutarci a proteggere la biodiversità

La tecnologia avanzata si rivela uno strumento fondamentale per salvaguardare la biodiversità, fortemente minacciata sulla nostra Terra. Scopriamo alcuni dei progetti più interessanti e validi, basati anche sull'Intelligenza Artificiale

La biodiversità del nostro Pianeta sta affrontando una crisi senza precedenti. L’inquinamento, la frammentazione degli habitat, l’erosione del suol, l’uso massiccio di pesticidi e la desertificazione stanno dando il colpo di grazia a numerosi ecosistemi. Per invertire la rotta i Paesi dell’Onu – nell’ambito della COP15 – sono giunti a un accordo che prevede innanzitutto la necessità di rendere area protetta il 30% del territorio globale e dei mari entro 2030.

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L’umanità riuscirà davvero a raggiungere questo ambizioso obiettivo? Il rischio che si tratti soltanto di parole e dell’ennesimo flop, purtroppo, c’è.

Eppure gli strumenti per proteggere la biodiversità esistono e provengono anche dal mondo, in costante evoluzione, della tecnologia. Avete mai sentito parlare di rilevatori di minacce per la fauna selvatica basati sull’Intelligenza Artificiale o ancora di meduse robot che puliscono gli oceani? In occasione dell’International Day for Biological Diversity, andiamo a scoprire come queste innovazioni possono aiutarci a fare la differenza per il futuro della nostra Terra.

L’Intelligenza Artificiale in soccorso della fauna selvatica e delle foreste

Non possiamo proteggere tutte le di specie in via di estinzione (sono circa un milione) in tutto il mondo se non sappiamo esattamente in quali punti vivono. In questo contesto, le mappe ad alta tecnologia che utilizzano una combinazione di telerilevamento, intelligenza artificiale e modellazione statistica si rivelano fondamentali per individuarle e e prevedere dove potrebbero spostarsi.

Questo è esattamente ciò che fa SPARC (Spatial Planning for Area Conservation in Response to Climate Change), un progetto ideato  da scienziati ed esperti di politica di oltre 20 organizzazioni per tracciare la presenza di piante, uccelli e mammiferi nelle tre regioni tropicali continentali più ricche di biodiversità. In questo modo i singoli Paesi sono in grado di elaborare piani di conservazione migliori e più mirati.

SPARC biodiversità

@Conservation International

Un altro imporante sistema, che sfrutta la tecnologia avanzata, è Nature Guardian, lanciato da Huawei a livello globale e alla quale ha aderito anche il nostro Paese (grazie alla collaborazione con WWF Italia). Attraverso l’installazione di dispositivi alimentati di energia solare e dotati di microfoni e antenne, è possibile rilevare i suoni di vari ecosistemi in un raggio di tre chilometri quadrati per poi trasferirli su piattaforme dedicate per analizzarli con il supporto dell’Intelligenza Artificiale.

@WWF

Quando Nature Guardian intercetta il suono di una minaccia, come una motosega o uno sparo di un fucile, fa scattare un allarme per allertare i ranger locali, che così possono intervenire prontamente per proteggere gli animali dal bracconaggio e le foreste dal disboscamento illegale.

Le meduse robot amiche degli oceani

Per proteggere gli oceani, invece, è stato messo a punto un innovativo sistema che prende il nome di Jellyfish-Bot e ha come protagoniste delle meduse robot.

Questi dispositivi, ideati dal Max Planck Institute for Intelligent Systems di Stoccarda, grazie ai loro movimenti creano delle correnti sottomarine, riuscendo a raccogliere rifiuti e ripulire le acque in modo abbastanza silenzioso.

“Quando una medusa nuota verso l’alto, può intrappolare oggetti lungo il suo percorso creando correnti attorno al suo corpo. Può anche trasportare i rifiuti in superficie, dove possono essere successivamente riciclati. È anche in grado di raccogliere campioni biologici fragili come le uova di pesce. Nel frattempo, non vi è alcun impatto negativo sull’ambiente circostante. L’interazione con le specie acquatiche è delicato e quasi privo di rumore” spiega il fisico Tianlu Wang, uno dei suoi ideatori.

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Fonti: Max Planck Institute/World Economic Forum/WWF

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