#COP26: cosa pensano gli scienziati degli impegni presi finora. L’indagine di Nature

Tra proteste, delusioni e speranze, la COP26 di Glasgow prosegue. Ma cosa pensano davvero gli scienziati degli impegni presi finora?

Tra proteste, delusioni e speranze, la COP26 di Glasgow prosegue. Ma cosa pensano davvero gli scienziati degli impegni presi finora? La prestigiosa rivista scientifica Nature fa il punto della situazione.

I primi giorni della COP26 hanno visto una raffica di annunci da parte dei leader mondiali, tra cui il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il primo ministro indiano Narendra Modi, che promettono di affrontare il cambiamento climatico: dai piani per eliminare gradualmente le finanze pubbliche per l’energia a carbone, all’impegno per la fine della deforestazione.

Iniziata con l’appello del segretario generale ONU,  la COP26 non è finita, andrà avanti ancora fino al 12 novembre, ma è già il momento di qualche impressione, visti gli accordi già siglati.

La riduzione delle emissioni di metano

Uno degli sviluppi chiave della prima settimana è stato un accordo per ridurre le emissioni di metano, un potente gas serra che è secondo solo all’anidride carbonica in termini di impatto sul clima.

Guidato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, l’impegno globale sul metano mira a ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030 ed è stato firmato da più di 100 Paesi.

Ovviamente, come scienziato diresti: ‘Beh, una riduzione del 50% delle emissioni di metano entro il 2030 sarebbe ancora meglio’, ma è un buon inizio – sostiene Tim Lenton, che dirige il Global Systems Institute presso l’Università di Exeter (UK) – È una leva in più che potrebbe davvero aiutarci a limitare il riscaldamento

La ricerca ha infatti dimostrato che la riduzione delle emissioni di metano utilizzando le tecnologie esistenti potrebbe ridurre fino a 0,5 °C le temperature globali entro il 2100. Come per l’anidride carbonica, tuttavia, la limitazione delle emissioni di metano non avverrà da sola.

Ricordiamo che nel dibattito sulla questione c’è un grande assente: gli allevamenti intensivi, responsabili del 14,5% delle emissioni totali di gas serra, sfruttano circa il 20% delle terre come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi, come rivela un report pubblicato nel 2021 dal WWF

Leggi anche: Cop26, cosa prevede davvero l’accordo sul taglio delle emissioni di metano (che ignora gli allevamenti intensivi)

cop26 opinione scienziati

©dmitrydemidovich/123rf

L’obiettivo zero emissioni dell’India

Lasciando tutti stupiti, primo ministro indiano Narendra Modi ha annunciato che il suo Paese avrebbe cercato di raggiungere lo zero emissioni nette entro il 2070. La scadenza è decenni dopo quella di molte altre Nazioni e non è chiaro se l’India si stia impegnando a ridurre solo le emissioni di anidride carbonica o la più ampia categoria di emissioni di gas serra. Ma gli scienziati affermano che l’annuncio potrebbe segnare un significativo passo avanti a patto che diventi poi realtà.

Il grande Paese asiatico, infatti, è nel mirino di scienziati e attivisti del clima, che ha raggiunto nel 2019 il triste primato di Paese più inquinato al mondo (e, delle prime 50 città con i livelli più elevati di anidride carbonica nell’atmosfera, 22 si trovano nel subcontinente e di queste 7 sono tra le prime 10).

Leggi anche: I Paesi più inquinati del mondo e d’Europa. La triste classifica 2019

Siamo decisamente colti di sorpresa – afferma Ulka Kelkar, economista di Bengaluru che dirige il programma climatico indiano per il World Resources Institute, un think tank ambientale con sede a Washington DC – Questo è molto più di quanto ci aspettavamo di sentire

L’impegno dell’India, tra l’altro, include obiettivi misurabili a breve termine, come la promessa di fornire il 50% dell’energia nazionale attraverso risorse rinnovabili e di ridurre le emissioni di carbonio previste di un miliardo di tonnellate di anidride carbonica entro il 2030.

Rimangono di certo interrogativi su come verranno definiti e misurati questi obiettivi, ma i modelli indicano che esiste una probabilità del 50% che tali impegni a zero netto possano limitare il riscaldamento globale a 2 °C o meno, se pienamente attuati da tutti i Paesi.

La finanza per il clima

cop26 opinione scienziati

©smshoot/123rf

Oltre 450 organizzazioni finanziarie di 45 Paesi, tra cui banche, gestori di fondi e compagnie assicurative, si sono impegnate a spostare 130 trilioni di dollari di fondi sotto il loro controllo in investimenti green, in particolare volti  a ridurre le emissioni nette entro il 2050.

Le istituzioni impegnate, che fanno parte della Glasgow Financial Alliance for Net Zero, non hanno però ancora specificato obiettivi intermedi né tanto meno roadmap per raggiungere questo obiettivo.

I governi hanno anche annunciato nuovi investimenti nelle tecnologie pulite. E più di 40 Paesi, tra cui Regno Unito, Polonia, Corea del Sud e Vietnam, si sono impegnati a eliminare gradualmente l’energia a carbone negli anni 2030 (per le principali economie) o negli anni 2040 (a livello globale) e a fermare i finanziamenti pubblici per tecnologie energetiche inquinanti.

Leggi anche: Cop26, l’Italia si aggiunge al fotofinish per lo stop ai finanziamenti ai combustibili fossili all’estero

Tutto questo è significativo – sostiene Cristián Samper, ecologo e presidente della Wildlife Conservation Society di New York City – Il coinvolgimento del settore finanziario e dei ministri delle Finanze e dell’Energia nell’incontro è una svolta

Tuttavia, i governi non hanno rispettato l’impegno del 2009 di fornire 100 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti per il clima per i Paesi a basso e medio reddito entro il 2020. I rapporti suggeriscono che ci vorranno altri due anni per raggiungere questo obiettivo, e che circa il 70% del finanziamento sarà fornito sotto forma di prestiti.

Lo stop alla deforestazione

cop26 opinione scienziati

©mmphotoart/123rf

Più di 130 Paesi si sono impegnati a fermare e invertire la perdita di foreste e il degrado del suolo entro il 2030. Tra i firmatari la Repubblica Democratica del Congo, l’Indonesia e – incredibile – il Brasile di Bolsonaro, che ospitano il 90% delle foreste del mondo.

Leggi anche: Cop26: i leader mondiali firmano per porre fine alla deforestazione entro il 2030 (compresi Bolsonaro e Xi Jinping)

Le Nazioni Unite si sono anche impegnate a lungo termine a rallentare e alla fine invertire la perdita di biodiversità. Ma questo obiettivo appare “monco” ne non esiste un monitoraggio ufficiale. I ricercatori affermano che è improbabile che l’ultimo obiettivo venga raggiunto senza una chiara strategia operativa.

Inoltre, un gruppo di Paesi ad alto reddito ha impegnato 12 miliardi di dollari in finanziamenti pubblici per la protezione delle foreste tra il 2021 e il 2025, ma non ha specificato come verranno forniti i finanziamenti.

Leggi anche: Il Gabon diventa il primo Paese africano a essere pagato per proteggere le sue foreste

Ma Cristián Samper invita comunque all’ottimismo, visto che poche COP precedenti sul clima hanno discusso della natura e delle foreste. In passato, se la biodiversità veniva menzionata in un incontro sul clima, “era come se i marziani fossero sbarcati” – dice – perché la biodiversità e il clima sono trattati come sfide separate dall’ONU.

Non abbiamo mai visto così tanta attenzione. Potrebbe essere un punto di svolta

Vedremo più avanti, però, se queste non sono solo parole.

Fonte: Nature

Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube

Leggi tutti i nostri articoli sulla Cop26

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook