Caccia al litio: così il Lazio spalanca le porte alle multinazionali australiane per estrarre l’oro bianco a nord di Roma

Con il passaggio all’energia pulita, il litio è diventato uno dei minerali più ricercati al mondo. Le riserve più grandi si trovano in Cile e in Argentina, ma sapevi che anche in Italia, in particolare nel Lazio, c’è un sottosuolo particolarmente ricco? Sul quale, ovvio, hanno puntato l’attenzione le multinazionali minerarie

Definito l’oro bianco della transizione ecologica, il litio esiste eccome anche nel sottosuolo del Lazio: anche a Roma Nord, infatti, si va a caccia di questo minerale divenuto particolarmente essenziale per le batterie dei cellulari e delle auto elettriche.

Era il 2022 quando fu dato il via libera a una nuova ricerca di litio dalle nostre: qui, l’amministrazione della Regione Lazio pubblicò allora la determinazione contenente il rilascio del permesso “Campagnano” alla Energia Minerals (controllata della multinazionale Altamin), la società italo-australiana (che già in alcune Regioni del Nord sta puntando su zinco, nickel, rame e argento) che ha scommesso su un’area di 1.213 ettari tra i Comuni Campagnano di Roma e Nepi, nel viterbese.

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Ma a contendersi il litio, per ora, Energia Minerals non è la sola: l’anno scorso anche Enel Green Power e l’australiana Vulcan Energy hanno firmato un accordo per geotermia e produzione di litio nell’area di Cesano, sempre alle porte di Roma. Tutti, o quasi tutti, stanno per ottenere o hanno già ottenuto il via libera alla ricerca di giacimenti di litio da estrarre mediante brine geotermiche e da poter impegnare nella produzione delle batterie. Una cosa che sembra ormai di vitale importanza anche se, anche una simile estrazione può avere impatti notevoli sia sull’ambiente che sulle comunità locali dove sono presenti miniere.

Come mai questo estremo interesse anche in Italia?

Per il mercato, ovvio. I nuovi interessi per il litio geotermico nel Lazio non arriva a casa e segue il crescente appetito di materie prime necessarie alla transizione energetica. Secondo un recente studio dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr, l’Italia ha un grosso potenziale per il ritrovamento di giacimenti di litio, individuando di fatto due grosse aree: la fascia vulcanico-geotermica peritirrenica (Toscana-Lazio-Campania) dove in passato sono stati intercettati fluidi geotermici con concentrazioni di litio fino a 480 mg/l; e la fascia della catena appenninica, da Alessandria fino a Pescara, dove ci sono sorgenti termali, con contenuti in litio fino a 370 mg al litro.

Solo nel Lazio i progetti per permessi di ricerca di litio geotermico sono 12.

La mappatura del litio

Recentemente, Andrea Dini, geologo del Cnr, autore con i colleghi di una mappatura del litio in Italia pubblicata sulla rivista Minerals, giudica l’impatto di queste miniere alquanto basso.

Il litio in queste zone di origine vulcanica è disciolto nell’acqua calda che si trova molto in profondità – spiega. L’estrazione consiste nel perforare il terreno e intercettare l’acqua. Si tratta di un metodo pulito, ma è anche nuovo. In Australia il litio si estrae dalle rocce. In Sudamerica dai laghi salati. In entrambi i casi le miniere si vedono, eccome. Qui ci sono solo dei vecchi pozzi geotermici che in attesa delle nuove esplorazioni sono chiusi.

mappa litio

@Minerals

La mappa del Cnr mostra la presenza di litio geotermico, quello disciolto nell’acqua sotterranea, dalla Toscana, all’altezza del monte Amiata, fino ai Campi Flegrei, in Campania, su cui puntano comunque gli interessi di multinazionali e, se è vero come è vero che gli esperti prevedono che la produzione di batterie che alimentano i nostri veicoli elettrici farà aumentare la domanda di litio di 17 volte entro il 2050, viò lascia intravedere una specie di depauperimento estremo.

La posta in gioco, qui come in qualsiasi parte del mondo, rimane dunque molto alta: precisamente, quali conseguenze questa domanda di litio in continua crescita avrà sui nostri territori?

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