Il Presidente di Nestle’ si batte per “la crisi dell’acqua”

Peter Brabeck, presidente della multinazionale alimentare svizzera Nestlé, sembra volersi trasformare nel protagonista di una campagna di sensibilizzazione rivolta ai leader mondiali in merito al sopraggiungere di una possibile “crisi dell’acqua”. Non pensiate però che la sue preoccupazioni si rivolgano principalmente verso quelle popolazioni che già in questo momento si ritrovano ad avere scarsissimo accesso all’acqua potabile. Ciò che starebbe a cuore a Brabeck sarebbe la presunta minaccia per il futuro delle produzioni di due linee di prodotti Nestlè molto note: Kit-Kat e Nespresso.

Peter Brabeck, presidente della multinazionale alimentare svizzera Nestlé, sembra volersi trasformare nel protagonista di una campagna di sensibilizzazione rivolta ai leader mondiali in merito al sopraggiungere di una possibile “crisi dell’acqua”. Non pensiate però che la sue preoccupazioni si rivolgano principalmente verso quelle popolazioni che già in questo momento si ritrovano ad avere scarsissimo accesso all’acqua potabile. Ciò che starebbe a cuore a Brabeck sarebbe la presunta minaccia per il futuro delle produzioni di due linee di prodotti Nestlè molto note: Kit-Kat e Nespresso.

La sua principale preoccupazione riguarderebbe dunque come la scarsità d’acqua possa mettere a rischio la continua crescita produttiva da parte delle industrie alimentari, Nestlé in primis. Il suo punto di vista non ci stupisce di certo, soprattutto alla luce di quanto rivelato alcuni mesi fa dalle ricerche condotte da parte di un giornalista di Zurigo, che ha cercato di trovare risposte alla seguente domanda: “Come si trasforma l’acqua in un business da miliardi di dollari?”.

Se l’acqua è un business, naturalmente con particolare riferimento all’acqua in bottiglia, è naturale che il presidente di una delle più note multinazionali alimentari del mondo si preoccupi della futura scarsa reperibilità dell’oro blu. La scarsa possibilità di accesso all’acqua potabile da parte delle popolazioni di Paesi come il Pakistan e l’Etiopia (per la quale Nestlè avrebbe dato il via alla costruzione di un impianto per il trattamento dell’acqua, rivelatosi malfunzionante dopo soli due anni dal suo avvio) vede come proprio contraltare la continua diffusione mondiale di acque (e bibite) in bottiglia, con l’inquinamento causato dal loro trasporto ad esse connesso.

Solamente in Italia, i marchi di acqua e bibite in bottiglia che si celano, all’insaputa di molti consumatori, sotto il nome del gigante Nestlé si riferiscono ad almeno una decina di prodotti differenti, reperibili comunemente nei supermercati e largamente reclamizzati. Tra di essi troviamo: Lievissima, Acqua Vera, Acqua Panna, Recoaro, San Pellegrino, San Bernardo, San Benedetto, Nestea, Beltè, Sant’Antonio.

Brabeck ha sottolineato come la mancanza di acqua potabile potrà farsi sentire prepotentemente nel corso dei prossimi 15-20 anni e come l’oro blu debba essere considerato un bene da tutelare, in quanto il mondo non sarebbe in grado di proseguire secondo gli attuali livelli di crescita nell’evenienza di scarsità della principale materia prima di un numero infinito di attività. Brabeck, che si definisce come un amante dell’escursionismo, della montagna e della vita all’aria aperta, sembra non comprendere le obiezioni da parte degli ambientalisti riguardo all’impero realizzato da Nestlè attraverso le acque in bottiglia. L’acqua in bottiglia, a suo parere, darebbe un contributo, soprattutto a giovani e bambini, nella lotta contro l’obesità, al contrario di quanto farebbero le bibite dolcificate (comunque presenti sotto il marchio Nestlé). Queste le sue parole originali, così come riportate da Reuters:

“I have never understood that if I put sugar into the water, I am a good man. If I sell pure water, I am the bad man. I am proud and happy for every bottle of any other beverage which moves over into a bottle of water, especially for children. It is one way to overcome the issue of obesity”.

Un solo uomo, mille contraddizioni.

Marta Albè

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