Il mare è una zuppa di plastica tra Elba e Capraia: ecco com’è da vicino

Un'isola di plastica nel Mar Tirreno. Purtroppo il problema del marine littering ci riguarda direttamente. Di recente i responsabili di Greenpeace sono andati a vedere da vicino lo stato dell'inquinamento marino nella zona tra Elba-Corsica-Capraia scoprendo che in quella zona, all’interno del Santuario dei Cetacei, è presente una vera e propria zuppa di plastica.

Un’isola di plastica nel Mar Tirreno. Purtroppo il problema del marine littering ci riguarda direttamente. Di recente i responsabili di Greenpeace sono andati a vedere da vicino lo stato dell’inquinamento marino nella zona tra Elba-Corsica-Capraia scoprendo che in quella zona, all’interno del Santuario dei Cetacei, è presente una vera e propria zuppa di plastica.

Non solo il Pacifico. Anche il nostro mare, quello tra le coste toscane e quelle sarde è infestato dalla nostra spazzatura, più di quanto avremmo mai immaginato.

Greenpeace, insieme al CNR-IAS di Genova e all’Università Politecnica delle Marche, sta esaminando il Mar Tirreno centrale monitorandone lo stato.

Anche se i risultati completi verranno divulgati nel corso dei prossimi mesi, già da un primo esame è emersa la presenza di una vera e propria “zuppa di plastica”, insieme a materiale organico di vario tipo: bottiglie, contenitori in polistirolo utilizzati nel settore della pesca, flaconi, buste e bicchieri di plastica, imballaggi. C’era questo e molto altro nell’inquietante isola di plastica tirrenica.

“Quello che abbiamo documentato dimostra come la plastica sia ovunque, anche in aree che sulla carta dovrebbero essere protette, come il Santuario Pelagos. In questo tratto di mare, per una convergenza di correnti, si crea un hotspot di plastica che si estende in uno spazio di alto valore naturalistico per la presenza di numerose specie di cetacei. Abbiamo effettuato dei campionamenti con i ricercatori a bordo per verificare anche la presenza di microplastiche: i risultati saranno noti nei prossimi mesi” ha spiegato Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.

D’altronde, anche un altro studio recente condotto da Francois Galgani, responsabile dell’Institut français de recherche pour l’exploitation de la mer (Ifremer) di Bastia, aveva individuato questa pericolosa striscia di rifiuti che periodicamente viene trasportata dalle correnti.

Rifiuti che nel tempo si trasformano in microplastiche, tornando a noi attraverso la catena alimentare.

Che fare?

La soluzione è quella di eliminare drasticamente la plastica, almeno quella usa e getta, dalle nostre vita, andando alla radice del problema. Meglio utilizzare alternative al monuso e cercare di differenziare correttamente la plastica di cui non possiamo fare a meno.

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Foto: Greenpeace

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