Condividi le foto dei tuoi figli sui social network? Questo documentario ti farà riflettere due volte prima di farlo

I social network ospitano migliaia di account “familiari” gestiti da genitori in cerca di popolarità e denaro. Dietro, spesso, nascondono dei veri e propri affari molto redditizi, in cui i bambini diventano esche. Contratti pubblicitari, inserimento di prodotti, remunerazione per il numero di visualizzazioni: alcuni genitori riescono a guadagnare anche diversi milioni di euro all’anno. Ma se i video dei bambini, favoriti dagli algoritmi, spopolano sul web riunendo un vasto pubblico di bambini e giovani genitori, attirano anche un buon numero di pedofili...

Alla tenera età di 13 anni, un bambino ha in media 1.300 foto e video di sé sui social network, postati dai suoi adulti di riferimento. Un’intenzione, quella dei genitori, che all’inizio può anche essere assolutamente ingenua, ma che rischia di diventare oggetto di un meccanismo infernale dalle conseguenze drammatiche per quei bimbi sovraesposti, che di certo non avevano dato alcun consenso.

Tra testimonianze inedite e inchieste interessanti, “Enfants sous influence, surexposés au nom du like” (Bambini sotto influenza, sovraesposti in nome di un like) un documentario a firma della giornalista francese Elisa Jadot, mette nero su bianco il pericoloso business dei genitori influencer, miliardi di utenti che seguono e consumano la vita privata dei loro figli, improvvise star in pasto alla rete.

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Cosa c’è di male a parte che questi futuri adulti troveranno un giorno su internet roba che riguarda loro personalmente senza mai aver dato uno straccio di consenso? I pedofili, ovvio: nell’ombra, ogni giorno, i predatori sessuali registrano e scambiano foto e video. Più della metà dei contenuti condivisi sui siti pedofili, infatti, provengono dai social network.

Se pensi che condividere la vita di tuo figlio sui social sia un atto innocente, sono venuto a dirti che ti sbagli, parla Cam, 24 anni, vittima di una madre dipendente dai like, ha visto la sua infanzia rivelata pubblicamente sui social network.

La sua vita quotidiana, le sue prime mestruazioni, tutto è stato filmato, postato.

Una storia agghiacciante, uguale a quella di molti altri bambini di un mondo perennemente connesso a Facebook, YouTube, Instagram, TikTok, Snapchat, dove la vita familiare è esposta e venduta, dove ogni genitore può capitalizzare i propri figli, monetizzare la propria quotidianità, la propria intimità e anche la propria sofferenza.

Famiglia, l’affare è redditizio

Per Delphine de Vigan, autrice di “Children are Kings”, è stato l’arrivo dello smartphone a cambiare tutto, portandosi con sé la possibilità, per ogni individuo medio, di “creare il proprio reality TV”. Oggi chiunque può raggiungere la fama e trarre vantaggio: dai prodotti ​​alle collaborazioni retribuite, i genitori costruiscono un business attorno alla vita quotidiana di uno o più dei loro figli, convinti, come spiega Delphine de Vigan, “di creare per loro un brillante e meraviglioso futuro”.

Ma la questione del consenso? Dietro questa logica economica, dov’è la questione essenziale del consenso del bambino?

Oggi, un bambino di età inferiore ai 13 anni ha in media 1.300 foto e video con la sua immagine pubblicata in rete da uno dei suoi parenti… Quest’anno in Francia, l’Assemblea nazionale ha approvato una legge volta a tutelare il diritto dei bambini sui social reti introducendo la nozione di “vita privata” del bambino nella definizione della potestà genitoriale del codice civile.

A 2 anni il bambino non ha la minima idea di cosa questo rappresenti. L’abuso di potere, la violenza silenziosa, i bambini sono vittime, proprio come i loro genitori, di un sistema, di un’epoca. Un meccanismo infernale e distruttivo.

Bambini e social network, un po’ di numeri

  • Il bambino medio appare in 1.300 foto e video sui social media prima dei 13 anni
  • I video che mostrano un bambino ricevono 3 volte più visualizzazioni rispetto ai video che non includono bambini
  • Il 50% delle foto e dei video scambiati sulle reti pedopornografiche provengono dai social network e sono stati pubblicati dagli stessi genitori
  • 1 adolescente ha portato sua madre in tribunale e l’ha fatta condannare per aver pubblicato sui immagini sui social network senza il suo consenso

Ora, la domanda è lecita: se non inviti gli sconosciuti per strada a guardare tuo figlio mentre fa il bagno, perché pubblicarlo sul web?

Il trailer del documento è disponibile QUI.

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Fonti: Babel DOC / Together Media / France Télévisions

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