Addio ricetta dematerializzata, dall’1 gennaio ritornano le file negli studi medici

Entrata in vigore con lo tsunami pandemia, dall’1 gennaio la ricetta elettronica andrà in pensione. Segno che il nostro Paese non è per nulla pronto a ridurre la burocrazia

Se non ci sarà una proroga del Governo Meloni, dal prossimo primo gennaio non sarà più possibile ricevere via mail in sms o su whatsapp la ricetta elettronica. Addio, dunque, alla comodità del digitale, si ricomincia con le file negli studi medici.

A pochi giorni dalla fine dell’anno e con gli occhi puntati sulla manovra economica, esiste un provvedimento che, da inizio pandemia, ha cambiato radicalmente la vita dei cittadini e soprattutto il lavoro dei medici di base: la prescrizione dematerializzata scade infatti il 31 dicembre e non si sa se la misura verrà prorogata oppure no.

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Ma le associazioni e sindacati di settore fanno sentire la loro voce.

Chiediamo al Ministro della Salute, Orazio Schillaci la proroga oltre la scadenza del 31 dicembre 2022, dell’utilizzo della ricetta dematerializzata almeno per un anno e un provvedimento che renda il suo utilizzo strutturale, così Pina Onotri, Segretario Generale dello SMI rende pubblica una lettera inviata al Ministro della Salute in merito alla ricetta dematerializzata.

E il motivo di tale monito è presto spiegato: i medici di medicina convenzionata sono carenti in tutta Italia e, al tempo stesso, oberati da carichi burocratici con una sempre minore disponibilità di tempo per l’attività clinica quotidiana. Il ritorno alla ricetta cartacea rappresenterebbe un salto indietro, causando lunghe attese negli studi medici.

La proroga, quindi, sarebbe assolutamente necessaria, anche in termini di spreco di carta che si andrebbe ad evitare:

Siamo convinti che la ricetta dematerializzata debba diventare uno strumento strutturale per il lavoro dei medici e auspichiamo, in questo senso, un impegno del Governo e del Parlamento. Liberare i medici convenzionati del Servizio Sanitario Nazionale da impropri carichi burocratici è la scelta più giusta per valorizzare la professione, contrastare l’esodo dalla categoria, permettere di utilizzare più tempo alla cura e all’assistenza dei pazienti, conclude Onotri.

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Fonte: SMI

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