Un nuovo studio rivela una piccola abitudine che tutti noi possiamo mettere in pratica quando ci sentiamo stressati o sopraffatti, per ripristinare il buonumore
Essere di cattivo umore ci porta ad avere una visione pessimistica della vita e a vivere le nostre giornate in maniera negativa: in questi momenti, anche ciò che dovrebbe migliorare il nostro morale diventa inutile e non sortisce l’effetto desiderato, mentre sembra sia in grado di farci stare meglio.
Tutta colpa del mind wandering, ovvero della mente che si perde nei pensieri e si dirige verso scenari tristi e pessimistici, diventando incapace di tornare alla serenità.
Lo confermano gli scienziati dell’Università di Groninga (Paesi Bassi), che hanno condotto uno studio proprio per approfondire meglio il collegamento fra cambiamenti nell’umore e vagabondaggio della mente.
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Lo studio
In un momento di noia o di disappunto, è naturale lasciare che la mente vaghi verso luoghi e momenti lontani dal presente che si sta vivendo: in questo caso, il pensiero può virare verso riflessioni felici o, al contrario, tristi e pessimistiche.
Le persone inclini alla depressione sono quelle la cui mente vira verso pensieri negativi difficili da mettere a tacere (magari connessi al rimorso per eventi del passato), che ritornano più volte nel corso della giornata e che contribuiscono a mantenere costante il malumore.
Già studi precedenti hanno dimostrato che le persone più esposte ai disturbi depressivi diagnosticati risultano particolarmente influenzabili per quanto riguarda le emozioni negative: per esempio, basta guardare un video triste per rattristarsi in modo profondo e mantenere a lungo questa condizione mentale.
Al contrario, persone che non soffrono di forme di depressione diagnosticate clinicamente non sembrano particolarmente vulnerabili alle emozioni tristi.
In questo nuovo studio, i ricercatori olandesi hanno coinvolto un campione di 82 studenti universitari: 42 di questi mostravano una tendenza alla preoccupazione eccessiva e agli stati nevrotici, mentre 40 dimostravano un maggior equilibrio mentale.
I due tipi di studenti sono stati poi suddivisi casualmente in due gruppi: un primo gruppo è stato coinvolto in un esperimento per indurre stati d’animo positivi, un secondo per indurre stati d’animo negativi.
I partecipanti di tutti e due i gruppi sono stati invitati a svolgere un’attività monotona e noiosa: davanti a uno schermo su cui scorrevano parole, dovevano premere un certo pulsante se i caratteri che vedevano erano maiuscoli e un altro se i caratteri erano minuscoli.
Dopo alcuni minuti di quest’attività estremamente semplice per la mente, il pensiero di tutti i partecipanti ha iniziato a vagare. In condizione di mind wandering, gli autori hanno indagato le sensazioni e l’umore dei partecipanti in vari momenti durante l’attività – ma in due modi diversi.
Per il primo gruppo, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di fantasticare su un’esperienza positiva (reale o immaginaria) per dieci minuti.
Ai membri del secondo gruppo, invece, hanno chiesto di immaginarsi in un’attività molto stressante, ovvero quella di tenere un discorso davanti a un pubblico di persone impassibili.
I risultati
I risultati degli esperimenti hanno confermato le ipotesi dei ricercatori: le persone più inclini alla preoccupazione continuano a vivere uno stato psicologico negativo se stimolate in tal senso, ma al tempo stesso mantengono più a lungo un umore positivo dopo aver fantasticato in uno scenario positivo.
Insomma, questo studio dimostra il reale valore pratico del mind wandering per il miglioramento dell’umore a lungo tempo: quindi, quando ci troviamo in un momento di umore nero e ci sentiamo sconfortati, fermiamoci un momento, respiriamo e immaginiamo uno scenario positivo.
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Fonti: University of Groningen / Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry
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