Per Nestlé non tutti i bambini sono uguali: il latte in polvere e i cereali hanno più zucchero in alcuni Paesi

Un'indagine, condotta da Public Eye e IBFAN, rivela che Nestlé commercializza alimenti per l'infanzia con livelli elevati di zucchero aggiunto nei Paesi a basso reddito, mentre li vende senza zucchero in Svizzera. Una disparità che, ovviamente, ha importanti risvolti etici e di salute pubblica

Nestlé è stata al centro di un’indagine, condotta da Public Eye e International Baby Food Action Network (IBFAN), che aveva l’obiettivo di capire se il latte in polvere e altri prodotti commercializzati dalla nota multinazionale, presentassero delle differenze nella composizione da Paese a Paese. Purtroppo la risposta è stata affermativa e Public Eye scrive: “Per Nestlé non tutti i bambini sono uguali“.

Cosa hanno scoperto gli esperti? Alcuni alimenti per bambini della Nestlé contengono livelli significativi di zucchero aggiunto nei Paesi in via di sviluppo, mentre gli stessi prodotti sono privi di zucchero nel mercato svizzero, Paese d’origine dell’azienda.

Per arrivare ad affermare questo, l’indagine dal titolo molto eloquente “Come Nestlé fa sì che i bambini siano dipendenti dallo zucchero nei Paesi a basso reddito“, ha esaminato circa 150 prodotti commercializzati dalla nota multinazionale, appunto nei Paesi a basso reddito.

Si è visto così che, quasi tutti i cereali per bambini Cerelac, contengono zuccheri aggiunti, con una media di quasi 4 grammi per porzione, e che la maggior parte del latte in polvere Nido, per bambini da uno a tre anni, contiene anche zuccheri aggiunti, in media quasi due grammi per porzione.

zuccheri aggiunti cereali nestle

@Public Eye

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@Public Eye

Risultati indubbiamente preoccupanti, visto che i bambini piccoli non dovrebbero assumere zuccheri aggiunti. E la cosa fa ancora più riflettere se si considera che, come si legge su Public Eye:

In Svizzera e nei principali mercati europei di Nestlé tali prodotti vengono venduti senza zuccheri aggiunti.

La presenza di zucchero nei prodotti per l’infanzia è particolarmente problematica, dato che può influenzare le preferenze alimentari dei bambini per tutta la vita, aumentando il rischio di obesità e altre malattie croniche.

Nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che sconsigliano l’uso di zuccheri aggiunti nei prodotti per bambini al di sotto dei tre anni, Nestlé continua a venderli nei mercati a basso reddito, sfruttando lacune normative e utilizzando strategie di marketing ingannevoli.

L’indagine mostra infatti che la multinazionale svizzera utilizza professionisti del settore medico e influencer per conquistare la fiducia dei genitori.

Laurent Gaberell, esperto di nutrizione di Public Eye, ha sottolineato la necessità che Nestlé ponga fine a questi doppi standard ingiustificabili e smetta subito di aggiungere zucchero nei prodotti per bambini in tutte le parti del mondo. Anche il dottor Nigel Rollins, medico dell’OMS, ha condannato il comportamento di Nestlé, affermando che non può essere giustificato.

L’indagine ha ovviamente importanti risvolti etici, oltre che di salute pubblica, e mette in discussione le pratiche aziendali scorrette, chiedendo un cambiamento immediato.

È fondamentale che aziende come la Nestlé si assumano la responsabilità delle loro azioni e agiscano nell’interesse della salute e del benessere dei bambini di tutto il mondo, senza discriminazioni basate sul reddito o sulla provenienza geografica.

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Fonte: Public Eye

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