Crolla il mito della galletta: anche fette biscottate, bresaola e cibi processati ci fanno ammalare

Non basta leggere le etichette assicurandoci che i cibi abbiano un buon profilo nutrizionale, un nuovo studio tutto italiano mostra infatti come dovremmo preoccuparci soprattutto degli alimenti ultra-processati, pericolosi per la nostra salute

Che mangiare sano sia alla base della nostra salute ormai l’abbiamo imparato (quasi tutti). Ma ci sono aspetti ancora poco noti o sottovalutati della questione, ad esempio spesso si fa l’errore di credere che gli alimenti siano caratterizzati solo dalla loro composizione e qualità nutrizionale. In realtà, fondamentale è anche valutare il grado di lavorazione a cui sono sottoposti.

A sottolinearlo è un nuovo studio italiano, condotto dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), in collaborazione con l’Università dell’Insubria di Varese e Como, l’Università di Catania e Mediterranea Cardiocentro di Napoli.

Il grado di lavorazione dei cibi è un elemento altrettanto cruciale per conoscere l’effetto che un determinato alimento potrà avere sulla nostra salute.

La nuova ricerca, pubblicata sul British Medical Journal, è andata ad indagare proprio su questo aspetto della nostra alimentazione, legandolo al rischio mortalità. Più nello specifico, gli scienzati hanno monitorato lo stato di salute di oltre 22mila persone per 12 anni. Questo è stato correlato con le loro abitudini alimentari, valutando non solo gli aspetti nutrizionali di ciò che mangiavano ma anche il consumo di cibi ultra-processati.

E proprio così è stato possibile evidenziare che in realtà sono i cibi più elaborati ad essere maggiormente pericolosi per la nostra salute.

Marialaura Bonaccio, epidemiologa del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli e autrice principale dello studio ha dichiarato:

I nostri risultati confermano che il consumo sia di alimenti di scarsa qualità nutrizionale che quello di cibi ultra-processati aumenta in modo rilevante il rischio di mortalità, in particolare per le malattie cardiovascolari. Quando però abbiamo tenuto conto congiuntamente sia del contenuto nutrizionale della dieta che del suo grado di lavorazione industriale, è emerso che quest’ultimo aspetto è quello più importante nell’evidenziare il maggiore rischio di mortalità. In realtà, oltre l’80 percento degli alimenti classificati come non salutari dal Nutri-Score sono anche ultra-lavorati. Questo suggerisce che il rischio aumentato di mortalità non è da imputare direttamente (o esclusivamente) alla bassa qualità nutrizionale di alcuni prodotti, bensì al fatto che questi siano anche ultra-lavorati.

Secondo questo studio, dunque, alimenti apparentemente sani come possono essere le gallette di riso, la bresaola o le fette biscottate, sono in realtà i peggiori proprio in quanto ultra-processati.

Urge una nuova etichetta che indichi il grado di lavorazione degli alimenti

Come ha evidenziato il nuovo studio, la qualità nutrizionale non è l’unico fattore da tenere in considerazione quando valutiamo un alimento. Sarebbe importante quindi che in etichetta venga specificato anche il grado di lavorazione del prodotto, il che aiuterebbe i consumatori a scegliere in modo più consapevole cosa acquistare e cosa no.

Come ha dichiarato Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento e professore ordinario di Igiene all’Università dell’Insubria di Varese e Como:

I nostri dati indicano che c’è bisogno di considerare non solo le caratteristiche nutrizionali, ma anche il grado di lavorazione dei cibi. Ecco perché pensiamo, anche in sintonia con altri ricercatori internazionali, che bisognerebbe integrare ogni sistema di etichettatura nutrizionale con informazioni riguardanti il livello di trasformazione.

Dunque anche il Nutri-Score, sviluppato in Francia e favorito per diventare la nuova etichetta alimentare europea (attualmente al vaglio della Commissione insieme ad altre proposte) non può bastare.

Gli autori della ricerca suggeriscono la classificazione NOVA, che valuta i cibi in base a quanto quel prodotto sia stato lavorato a livello industriale. Questo sistema è dunque in grado di individuare gli alimenti cosiddetti ultra-processati in cui sono stati aggiunti ingredienti come proteine idrolizzate, maltodestrine, grassi idrogenati e che contengono generalmente additivi di vario genere (coloranti, conservanti, antiossidanti, anti-agglomeranti, esaltatori di sapidità ed edulcoranti).

In questa categoria rientrano non solo bevande zuccherate e gassate o creme spalmabili ma anche alimenti apparentemente insospettabili come fette biscottate, crackers, yogurt alla frutta, alcuni cereali per la colazione e anche i vegan burger e similari.

Come ha spiegato Giuseppe Grosso, professore associato dell’Università di Catania:

Per una strategia di prevenzione che sia realmente efficace, dobbiamo concentrarci soprattutto su quegli alimenti che il Nutri-Score classifica come validi da un punto di vista nutrizionale ma che sono anche molto lavorati. È il caso ad esempio di alcune bevande che pur avendo un ridotto contenuto di zuccheri, risultando quindi adeguate sul piano nutrizionale tanto da conquistarsi una lettera B del Nutri-Score, di fatto sono molto lavorate. Ma anche yogurt e dolci freddi, che vantano pochi grassi ma contengono una lista corposa di additivi alimentari.

Facciamo dunque attenzione non solo alla lista degli ingredienti e al valore nutrizionale ma valutiamo sempre anche se il cibo che stiamo per acquistare sia ultra-processato.

Uno studio dell’anno scorso, ha evidenziato tra l’altro come queste tipologie di alimenti siano dannosi non solo per la nostra salute ma anche per l’ambiente.

Dovremmo tornare sempre più spesso a nutrirci con alimenti freschi, sani e di stagione (ma noi già lo sapevamo).

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Fonte:  Neuromed / BMJ

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