Obbligo di etichettuatura del Paese d’origine per le carni suine, bovine e ovine dal 1 aprile

Più tutele per i consumatori che decidono di acquistare carne. Dal 1° aprile 2015 entra in vigore il nuovo Regolamento Europeo sull’etichettatura della carne. Le nuove regole non riguardano ancora tutte le tipologie di carni in commercio, ma sono stati compiuti dei passi avanti dal punto di vista della trasparenza.

Più tutele per i consumatori che decidono di acquistare carne. Dal 1° aprile 2015 entra in vigore il nuovo Regolamento Europeo sull’etichettatura della carne. Le nuove regole non riguardano ancora tutte le tipologie di carni in commercio, ma sono stati compiuti dei passi avanti dal punto di vista della trasparenza.

Le etichette saranno più chiare per quanto riguarda la provenienza della carne, con particolare riferimento al luogo di allevamento e di macellazione. L’obbligo di etichettatura del Paese d’origine scatta per le carni suine, ovine e caprine.

In passato la trasparenza in merito al Paese d’origine era già entrata in vigore per le carni bovine (dopo il morbo della “mucca pazza”) e per le carni di pollo Made in Italy. Dal nuovo Regolamento Europeo restano al momento escluse la carne di cavallo e la carne di coniglio, oltre alla carne suina utilizzata per la produzione di salumi.

Chi sceglierà la carne con l’indicazione “Origine Italia”, come ricorda la Coldiretti, avrà la certezza che tutte le fasi di produzione della carne, dall’allevamento alla macellazione, siano avvenute sul territorio nazionale.

La novità giunge dopo gli scandali della carne di maiale tedesca alla diossina venduta in Europa e dopo il problema degli agnelli ungheresi spacciati per italiani. Senza dimenticare lo “scandalo” della carne equina di provenienza incerta e non indicata in etichetta che ha destato scalpore lo scorso anno.

Con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento Europeo sull’indicazione di origine della carne si completa un percorso iniziato circa 15 anni fa, dall’obbligo di etichettatura di origine per la carne bovina fresca, introdotto sotto la spinta dell’emergenza “mucca pazza” con il regolamento Ce 1760/2000, che impose l’obbligo di indicare anche il luogo di nascita, oltre a quello di allevamento e macellazione, come ricorda la Coldiretti.

La stessa Coldiretti ricorda che la norma andrebbe estesa anche alle carni suine utilizzate per la produzione di salumi, dato che due prosciutti su tre sono fatti con carne proveniente da Paesi esteri senza che l consumatore lo possa sapere. Il discorso non vale soltanto per i prosciutti ma anche per salami e insaccati in generale.

Su simili ed altri prodotti l’introduzione dell’obbligo di indicazione del Paese di origine dipenderà dagli studi di impatto che la Commissione Europea sta realizzando, con un certo ritardo sui tempi previsti dal Regolamento 1169/2011, nonché dalle successive valutazioni politiche degli Stati membri.

Con l’entrata in vigore del Regolamento Ue 1337/2013 dal 1° aprile 2015 sull’etichetta delle carni di suino, ovino, caprino e volatili in vendita, dovrà comunque essere riportata una delle due seguenti indicazioni:

1) “Allevato in…” seguito dal nome dello Stato membro o del Paese terzo e poi “Macellato in…” (seguito dal nome dello Stato membro o del Paese terzo, oppure si può indicare.

2) “Origine…” seguito dal nome dello Stato membro o del Paese terzo ma solo se l’animale è nato, allevato e macellato in un unico Stato membro o Paese terzo.

L’Italia si mostra all’avanguardia in questo percorso: il 7 giugno 2005 è scattato l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco; dal 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy per effetto dell’influenza aviaria; a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

Il regolamento prevede, infine, delle specifiche casistiche sui tempi di permanenza in un determinato Paese e di peso raggiunto dall’animale, per poter indicare in etichetta qual è il luogo di allevamento e di macellazione.

Marta Albè

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