Perché le scuole non sono focolai di COVID-19: lo studio su Nature

Le scuole non sono punti nevralgici per la diffusione del coronavirus. Nonostante i timori, le infezioni da COVID-19 non sono aumentate

Le scuole non sono punti nevralgici per la diffusione del coronavirus. Nonostante i timori, le infezioni da COVID-19 non sono aumentate da quando le scuole e gli asili nido sono stati riaperti. E quando si verificano focolai, per lo più riguardano un  numero circoscritto di persone.

Lo rivela un nuovo studio pubblicato dalla prestigiosa rivista Nature, secondo cui i dati raccolti in tutto il mondo suggeriscono sempre più che le scuole non sono hotspot per il Covid. Tuttavia, la ricerca mostra anche che i bambini possono contrarre il virus e diffonderlo. Ma non solo. A sorpresa è emerso che i più grandi hanno maggiori probabilità di essere contagiati e di trasmettere il virus rispetto ai piccoli. Neanche gli scienziati hanno compreso al momento le ragioni di queste tendenze ma esse hanno certamente  implicazioni politiche per i più grandi e gli insegnanti.

“È improbabile che i bambini piccoli diffondano il virus, ma i grandi sono più a rischio”, dicono i ricercatori.

Le scuole e gli asili nido sembrano fornire un ambiente ideale per la trasmissione del coronavirus perché grandi gruppi si riuniscono al chiuso per lunghi periodi di tempo, sostiene Walter Haas, epidemiologo che si occupa di malattie infettive presso il Robert Koch Institute di Berlino.

Tuttavia, a livello globale, le infezioni da COVID-19 sono ancora molto più basse tra i bambini che tra gli adulti, dice:

“Sembrano piuttosto seguire la situazione che guidarla.”

I dati raccolti a livello globale hanno precedentemente dimostrato che le scuole possono riaprire in sicurezza quando la trasmissione dalla comunità è bassa ma anche nei luoghi in cui le infezioni erano in aumento, i focolai nelle scuole erano rari, in particolare quando venivano adottate delle precauzioni per ridurre la trasmissione.

I dati

Partiamo dall’Italia. Secondo lo studio, nel nostro paese hanno riaperto i battenti oltre 65.000 scuole ma solo 1.212 hanno sperimentato epidemie quattro settimane dopo. Nel 93% dei casi, è stata segnalata solo un’infezione e solo una scuola superiore aveva un gruppo di oltre 10 persone infette.

Nello stato di Victoria, in Australia, dove a luglio si è verificata una seconda ondata di infezioni, anche le grandi epidemie legate a scuole e asili nido sono state rare, sebbene le scuole fossero solo parzialmente aperte. Due terzi delle 1.635 infezioni da COVID-19 erano limitate a un singolo caso e il 91% riguardava meno di 10 persone.

Negli Stati Uniti, la trasmissione nelle città era elevata in molti luoghi quando le scuole sono state riaperte ad agosto e la percentuale di infezioni nei bambini è salita, afferma Ashlesha Kaushik, pediatra di Sioux City, Iowa, e portavoce dell’American Academy di Pediatria.

Anche i dati arrivati dall’Inghilterra confermano questa tendenza: sono gli adulti i primi a essere infettati. La maggior parte delle 30 epidemie scolastiche confermate a giugno riguardava la trasmissione tra i membri del personale e solo 2 riguardavano la diffusione da studente a studente.

Qui i dati

I bambini piccoli trasmettono meno il coronavirus

Un dato in particolare ha sorpreso i ricercatori: i bambini, specialmente quelli di età inferiore ai 12-14 anni, sono meno suscettibili alle infezioni rispetto agli adulti. E una volta infettati, i piccoli, compresi quelli di età compresa tra 0 e 5 anni, hanno meno probabilità di trasmettere il virus ad altri.

In un’analisi delle scuole tedesche, il team ha scoperto che le infezioni erano meno comuni nei bambini di età compresa tra 6 e 10 anni rispetto ai più grandi e agli adulti che lavorano nelle scuole.

“Il potenziale di trasmissione aumenta con l’età e gli adolescenti hanno la stessa probabilità di trasmettere il virus degli adulti” spiegano gli autori. “Gli adolescenti e gli insegnanti dovrebbero essere al centro delle misure di contenimento, come indossare maschere o tornare alle lezioni online quando la trasmissione nella comunità è alta” prosegue Haas.

Perché ciò accade? Perché i bambini piccoli sembrano meno propensi a diffondere il nuovo coronavirus? Non è chiaro. Una delle ipotesi riguarda il dato che avendo i polmoni più piccoli, sono meno in grado di proiettare aerosol infettivi rispetto agli adulti. Un’altra possibilità è che sono più comunemente asintomatici.

In ogni caso, bisogna tenere presente che “non esiste trasmissione zero o rischio zero” ma stando a quanto sostiene questo studio, il rischio di infezione a scuola è basso, soprattutto quando la trasmissione nella comunità è bassa di appartenenza è altrettanto bassa.

Un dato, questo, che i governi dei vari Paesi dovrebbero considerare.

Fonti di riferimento: Nature

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