Il ponte sullo stretto non è affatto sostenibile: 5 validi motivi per dire (di nuovo) no

Invocato a più riprese da decenni, il Ponte sullo stretto sembra essere una realtà sempre più vicina. Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato il decreto sulla sua realizzazione. Ma scattano i dubbi: quanto ci costa in termini economici e ambientali?

Il ponte sullo stretto di Messina si farà. O almeno questo è quello che emerge dal decreto Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria che ne rilancia, pare definitivamente, la costruzione. In termini pratici, il Consiglio dei ministri ieri 16 marzo ha approvato, dopo decenni in cui se n’è parlato, il decreto che porterà a esecuzione il famoso ponte sullo stretto di Messina.

Contiamo di approvare il progetto esecutivo entro il 31 luglio 2024 e poi partire coi lavori, annuncia a tambur battente Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture.

Sì, ma quanto ci costa?

La storia del ponte sullo stretto

La storia del ponte sullo stretto di Messina è lunga decenni e decenni. Guardando solo agli ultimi anni, tra proteste e ripensamenti, fu il Governo Monti ad archiviare l’opera giudicandola un inutile spreco di denaro, scatenando tra l’altro un contenzioso con il consorzio Eurolink che aveva vinto la gara d’appalto.

Anche la Commissione Europea si espresse nel 2011, precisando che non avrebbe preso alcun impegno riguardo a un possibile inserimento tra i progetti prioritari europei del ponte sullo stretto. Nel 2012, quel progetto era stato anche cancellato dalla Legge di Stabilità.

Nell’agosto 2021 il Governo in carica ci ripensa e l’allora ministro delle infrastrutture e mobilità sostenibili Enrico Giovannini annunciò l’intenzione di finanziare uno studio di fattibilità (costosissimo).

Ne parlammo qui: Incredibile a dirsi, ma torna il Ponte sullo Stretto: annunciato un altro studio di fattibilità che ci costerà 50 mln di euro

Perché no al Ponte sullo stretto: 5 motivi semplici semplici

Un’inutile opera faraonica, così da Legambiente salutano questo progetto considerato dagli ambientalisti assolutamente scellerato. E il motivo è molto semplice: da sempre i costi di realizzazione, manutenzione e gestione oltre che la valutazione degli impatti ambientali non hanno mai giustificato una simile scelta.

Il Governo ritiene che la strada sia spianata – ribattono dal WWF – ma il General Contractor Eurolink (capeggiato da Webuild) che ha progettato il ponte sospeso ad unica campata e doppio impalcato stradale e ferroviario, che si vuole rilanciare, non ha mai prodotto gli approfondimenti tecnici ed economico-finanziari sul progetto definitivo redatto nel 2010 dell’opera, richiesti a suo tempo dal Governo Monti nel 2013, né il progetto ha mai superato la fase conclusiva di valutazione di impatto ambientale.

ponte stretto

©Reuters

  1. Dal punto di vista ambientale, tutta l’area dello  stretto di Messina è ricompresa in due importantissime Zone di Protezione Speciale – ZPS (sul lato calabrese la ZPS della Costa Viola e su quello siciliano dalla ZPS dei Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antenna a Mare e area marina dello Stretto) e da un sistema di ben 11 Zone Speciali di Conservazione (ZSC), ai sensi della Direttiva comunitaria Habitat, che tutelano un ambiente unico che va dalla costa calabrese alla zona umida della Laguna di Capo Peloro, fino all’ecosistema botanico dei Monti Peloritani.
  2. La Commissione VIA del Ministero diede nel 2013 un parere negativo di valutazione di incidenza sul progetto definitivo del ponte ad unica campata del 2010 proprio a tutela dello stretto di Messina, importantissimo luogo di transito per l’avifauna e per i mammiferi marini, in cui si trova una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo.
  3. A fronte dell’oneroso costo prudenziale dell’opera di 8,5 miliardi di euro (stima del 2010) il project financing è stato escluso nel 2021 dal gruppo di lavoro nominato dall’allora ministro alle infrastrutture Giovannini perché appare evidente che la brevità del percorso di attraversamento e delle relative opere connesse non consente di prevedere un numero di pedaggi a carico degli utenti in grado di consentire un’operazione di project financing.
    D’altra parte, spiega WWF, coloro che ogni giorno si muovono tra le due sponde non sono più di 4.500 persone e il 76,2% degli spostamenti dei passeggeri è locale e senza auto.
  4. Ricordate Pendolaria 2023? Ebbene, sul fronte trasporti, nel Mezzogiorno circolano meno treni, i convogli sono più vecchi – con un’età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma molto più elevata degli 11,9 anni di quelli del nord – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. Le corse dei treni regionali in Sicilia e in Calabria, ad esempio, sono ogni giorno rispettivamente 506 e 333 contro le 2.173 della Lombardia, quando la popolazione in Lombardia è pari al doppio dei siciliani (rispettivamente 10 e 5 milioni) con un’estensione inferiore a quella dell’isola. Motivo in più per dire no al ponte e puntare piuttosto alla elettrificazione e a collegamenti più veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola.
  5. Dal punto di vista strettamente tecnico, il ponte non è da prendere sotto gamba: si tratterebbe di costruire, in una delle aree a più alto elevato rischio sismico del Mediterraneo, un ponte sospeso, ad unica campata di più di 3 km di lunghezza, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza, a doppio impalcato stradale e ferroviario. Oggi, il ponte più lungo esistente con analoghe caratteristiche è quello del Minami Bisan-Seto in Giappone, di 1118 metri di lunghezza.
stretto traghetto messina

©GreenMe

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Fonti: Consiglio dei Ministri / WWF / Legambiente

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