Quasi 2mila bustine di plastica usa e getta vendute al secondo, dopo aver letto questo non vorrai più comprare questa marca di cosmetici

“Smettete di vendere bustine di plastica entro la fine del 2025” l’appello di Greenpeace a Dove, il marchio principale più redditizio di Unilever, capace da solo di generare miliardi di unità di plastica monouso ogni anno, di cui circa 6,4 miliardi è nei classici sacchettini usa e getta

Cara Dove, ora hai la possibilità di fermare il male reale”, così comincia l’appello di Greenpeace che denuncia il greenwashing delle campagne pubblicitarie di Unilever. I suoi marchi, infatti, Dove in primis, sono famosi per lanciara al mondo sempre lo stesso  messaggio: “qualunque tipo di bellezza è una forza positiva“. Ma, nel contempo, rimangono i più grandi inquinatori.

È quanto emerge dal rapporto “Uncovered: Unilever’s complicity in the plastics crisis and its power to solve it”, pubblicato da Greenpeace International, secondo cui il colosso dei beni di consumo Unilever vende 1.700 bustine di plastica (impossibili da raccogliere e riciclare) altamente inquinanti ogni secondo, scaricando enormi quantità di rifiuti nei Paesi del Sud del mondo.  E potrebbe arrivare a vendere 53 miliardi di bustine di plastica usa e getta.

Non è certamente la prima volta che un’indagine smaschera le multinazionali: solo l’anno scorso il rapporto Changing Markets Foundation affermò che le dichiarazioni presentate da grandi marchi in realtà non avrebbero alcuna prova concreta.

Ne parlammo qui: Imballaggi, le multinazionali fanno solo greenwashing. Lo studio che smaschera l’ipocrisia di Coca Cola e Unilever 

Il greenwashing di Dove

Dove è uno dei marchi “master” più redditizi di Unilever, è valutato a 6,5 miliardi di dollari ed è tra i principali marchi di bellezza in tutto il mondo. Nell’ambito della “Campagna per la vera bellezza”, il marchio presenta “donne vere” per sfidare la bellezza standardizzata ed emancipare le ragazze e le donne. Ciò ha portato a registrare profitti e fedeltà al marchio, con vendite che sono salite da 2,5 miliardi di dollari a 4 miliardi di dollari nei primi 10 anni della campagna. Ma a scavare un po’ più in profondità, la verità è molto meno bella.

Nonostante affermi che sia “appassionatamente impegnata ad essere” uno dei marchi con il maggiore impatto contro rifiuti di plastica.

unilever Dove

©Greenpeace

Secondo Future Market Insights, infatti, il solo marchio Dove di Unilever nel 2022 ha prodotto circa 6,4 miliardi di bustine, pari a oltre il 10% delle vendite totali di bustine di Unilever. E anche se Dove afferma in ogni sua campagna “siamo impegnati con passione per essere uno dei marchi con il maggiore impatto contro i rifiuti di plastica”, le spiagge e i corsi d’acqua delle Filippine e dell’Indonesia sono piene di plastica marchiata Dove.

Gli amministratori delegati della Dove ti diranno che tengono alle donne e alle ragazze. Stanno spendendo milioni in campagne “Real Beauty” per convincerti che il loro marchio è una forza del bene. Ma dietro la loro immagine pubblica si nasconde una storia vera di danno reale. Conosciamo tutti Dove. Sono più di un semplice marchio di sapone. Per decenni, le loro campagne “Real Beauty” ci hanno venduto una visione di empowerment che affrontava alcune dei trend di bellezza più tossici del mondo. Si sono autodefiniti paladini delle donne e delle ragazze. Ma dietro le quinte, Dove ha alimentato una crisi umana e ambientale pompando nel mondo enormi volumi di plastica tossica monouso. Oltre 200 milioni di persone tra le più povere del mondo sono a rischio di inondazioni più gravi e frequenti causate dai rifiuti di marchi come Dove. E’ quanto la popolazione di Regno Unito, Francia e Germania messe insieme, dice Anna Diski, di Greenpeace UK.

Il rapporto esamina anche i lenti progressi di Unilever verso il raggiungimento dei suoi obiettivi sulla plastica e il suo zoppicante percorso per passare dalla plastica monouso a soluzioni riutilizzabili ed emerge che nel suo rapporto annuale 2022, Unilever ha riferito che il suo utilizzo di plastica vergine si è ridotto del 13% rispetto al 2019 .

Se tale riduzione del 13% viene distribuita equamente nei tre anni 2020-2022 per una riduzione del 4,3% all’anno, ci vorrà fino al 2034 perché l’utilizzo di plastica vergine da parte di Unilever sia inferiore al 50% rispetto alla cifra del 2019.

E, come se non bastasse, solo lo 0,1% degli imballaggi in plastica di Unilever è riutilizzabile. Nel rapporto del 2023 è aumentato allo 0,2% e Greenpeace International fa notare che:

Al ritmo attuale, ci vorrebbe almeno oltre l’anno 3000 perché il 100% dei prodotti Unilever diventi riutilizzabile. Per questo l’organizzazione chiediamo a Unilever di Eliminare gradualmente la plastica monouso dalle sue attività e di passare al riutilizzo nei prossimi 10 anni, a partire dai peggiori trasgressori: le bustine di plastica e di sostenere questo stesso livello di ambizione nei negoziati in corso su un Trattato globale sulla plastica delle Nazioni Unite che limiti e riduca gradualmente la produzione di plastica di almeno il 75% entro il 2040.

QUI puoi consultare il rapporto completo e QUI la petizione di Greenpeace da firmare.

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