Petto di pollo da allevamenti intensivi: è pieno zeppo di grassi, Aia ed Esselunga tra i peggiori del test

Il nuovo test, condotto dal Salvagente su 18 petti di pollo di marchi noti, rivela un aumento significativo del contenuto di grassi. Tra i prodotti analizzati quelli Aia ed Esselunga registrano valori preoccupanti, superando di tre volte la soglia di grassi considerata normale dal Crea

Quando pensiamo al petto di pollo lo associamo ad una variante magra di carne. Ma è davvero così? Un nuovo test condotto da “Il Salvagente” ci mostra una situazione un po’ differente rispetto a quanto immaginiamo. Secondo quanto emerso dall’analisi di 18 petti di pollo, infatti, la composizione nutrizionale di questa carne sembra essere cambiata radicalmente negli ultimi anni, con un aumento significativo del contenuto di grassi.

Ma partiamo dall’inizio. L’indagine ha preso a campione il petto di pollo di diverse marche (anche biologiche), tra le più diffuse e acquistate nei supermercati del nostro Paese. Si tratta di:

  • AIA
  • AMADORI
  • CARREFOUR
  • CARREFOUR BIOCOOP
  • COOP VIVIVERDE
  • CONAD
  • CONAD VERSO NATURA
  • ELITE
  • ESSELUNGA
  • ESSELUNGA SMART
  • EUROSPIN
  • FILENI
  • IN’S
  • LIDL
  • MD

Il campione di polli analizzato è stato selezionato per valutarne il contenuto di grassi, unico parametro preso in considerazione nel test. L’obiettivo di valutare il contenuto di grassi nasce dalla voglia di comprendere l’impatto delle razze a rapida crescita e dell’allevamento intensivo sulla composizione nutrizionale della carne di pollo.

Tutti i campioni analizzati dal test sono originari, cresciuti e macellati in Italia.

Le indicazioni riportate dai produttori sulle etichette riguardano principalmente il tipo di razza impiegata, l’alimentazione e i criteri di allevamento degli animali. In particolare, Fileni bio e Carrefour bio sono gli unici due marchi che specificano, rispettivamente, l’utilizzo di polli “allevati almeno 81 giorni” e “a lenta crescita”.

Per quanto riguarda il contenuto di grassi, il regolamento 1169/11 “Informazioni sugli alimenti per i consumatori” esonera le confezioni di carne cruda dall’obbligo di riportare la tabella nutrizionale in etichetta. Tuttavia, alcuni produttori come Lidl e Fileni hanno scelto di includere volontariamente queste informazioni.

È importante notare che i produttori hanno dei margini di tolleranza analitica molto generosi rispetto a quanto dichiarato in etichetta (più o meno 1,5 grammi per quantità di grassi inferiori a 10 grammi per 100 grammi di prodotto).

I risultati

I risultati delle analisi condotte in laboratorio sono stati confrontati con il valore nutrizionale dei lipidi presente nella tabella di composizione degli alimenti del Crea, che riporta un valore di 0,8 g/100 g per il petto di pollo crudo.

Alcuni campioni sono risultati in linea con questo valore ma molti altri hanno mostrato un significativo aumento del contenuto di grassi. I petti di pollo peggiori contenevano da 2 grammi di grassi, ovvero oltre il 150% rispetto al valore di riferimento, a 2,5 grammi, corrispondenti al 212% in più rispetto al valore di riferimento.

L’analisi mette in luce una media complessiva di 1,6 grammi di grassi nei campioni testati, ben al di sopra dei 0,8 grammi di riferimento del Crea. Questo suggerisce un cambiamento significativo nella composizione nutrizionale della carne di pollo, che potrebbe essere attribuito a diversi fattori, tra cui l’allevamento intensivo e l’uso di razze a rapida crescita (che sviluppano velocemente il petto).

L’alimentazione e la limitata mobilità dei polli, sia per la mancanza di spazio che per lo sviluppo asimmetrico dei muscoli pettorali rispetto alle zampe, contribuiscono al problema. Questi fattori hanno portato a un notevole aumento del contenuto di grassi nel pollo rispetto al passato.

Il professor Massimiliano Petracci, docente al Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna, ha confermato questa tendenza al Salvagente, sottolineando un aumento della componente lipidica nella carne di pollo negli ultimi 10-15 anni.

Ma non è solo la quantità di grassi a destare preoccupazione ma anche (e forse soprattutto) la qualità. Come ha dichiarato al Salvagente Debora Rasio, oncologa, nutrizionista e ricercatrice all’Università La Sapienza di Roma, la carne di pollo attuale sembra essere squilibrata verso un eccesso di acidi grassi pro-infiammatori Omega-6:

Non ci deve preoccupare tanto la ricchezza in grassi quanto il loro profilo: la carne di pollo oggi, infatti, è fortemente squilibrata verso un eccesso di acidi grassi pro-infiammatori Omega-6. E questo dipende dalla dieta degli animali e dal modo in cui sono allevati.

Insomma, l’allevamento intensivo e la selezione di razze a rapida crescita sembrano contribuire all’aumento dei grassi nella carne di pollo, il che cambia radicalmente il panorama nutrizionale di questa fonte proteica tradizionalmente considerata magra e salutare.

I petti di pollo peggiori

Ecco l’elenco dei polli che sono risultati i peggiori del test in quanto a contenuto di grassi:

  • Aia sottilissime di pollo: 2,5 grammi di grassi per 100 g di carne
  • Filetto di pollo a fette di Esselunga: 2,5 grammi di grassi per 100 g di carne
  • Conad petto di pollo a fette: 2,2 grammi di grassi per 100 g di carne
  • Md Bontà di Italia petto di pollo a fette: 2,1 grammi di grassi per 100 g di carne

Per conoscere i risultati completi del test fate riferimento al numero di aprile del Salvagente.

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Fonte: Il Salvagente

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