Greta Thunberg contro fast-fashion e moda usa e getta: basta greenwashing, urge un cambiamento del sistema

In un'intervista su Vogue, Greta Thunberg ha criticando l'industria della moda usa e getta chiedendo un cambiamento di sistema

Anche i vestiti che acquistiamo e indossiamo ogni giorno, purtroppo, hanno il loro peso in termini ambientali e spesso dietro la loro realizzazione si nasconde anche lo sfruttamento dei lavoratori (bambini compresi). A rilanciare l’argomento è ora Greta Thunberg che, in un’intervista rilasciata a Vogue, ha parlato proprio dell’impatto climatico della moda.

L’industria della moda contribuisce enormemente all’emergenza climatica ed ecologica, per non parlare del suo impatto sugli innumerevoli lavoratori e comunità che vengono sfruttati in tutto il mondo affinché alcuni possano godere della “fast fashion” che molti considerano usa e getta.

Così Greta Thunberg ha sintetizzato in un tweet il suo pensiero riguardo al settore della “moda”.

Maggiori dettagli si trovano nell’intervista rilasciata a Vogue Scandinavia che ha fatto guadagnare a Greta Thunberg la copertina della nota rivista. In questa occasione la giovane attivista ha chiesto ai marchi di moda di assumersi la responsabilità dell’impatto ambientale dei loro prodotti. 

Si invita in pratica ad un “cambiamento di sistema“, dato che la moda usa e getta non è più sostenibile.

Non è più accettabile che, per produrre vestiti, ogni anno l’industria della moda utilizzi circa 93 miliardi di metri cubi d’acqua, sufficienti per la sopravvivenza di cinque milioni di persone!

Proprio in merito allo spreco d’acqua, che c’è anche per produrre una semplice t-shirt, aveva fatto un curioso esperimento Alberto Angela. Leggi anche: Quanta acqua consuma una semplice maglietta? Alberto Angela riempie lo Stadio dei Marmi con 3900 bottiglie (di vetro)

Per quanto riguarda invece le emissioni di carbonio, la stessa industria della moda è responsabile di circa l’8% del totale mondiale. È più di tutti i voli e le spedizioni internazionali messi insieme, afferma l’ONU.

Greta (e non è la sola) accusa anche alcune aziende di aver progettato campagne pubblicitarie “greenwash” così da far apparire sostenibili i loro vestiti quando in realtà non lo sono affatto. Molte marche nel campo della moda stanno promuovendo soluzioni che solo apparentemente, a suo dire, affrontano il problema.

Greta, come sempre, dà il buon esempio per prima, ha infatti dichiarato di aver acquistato un capo di abbigliamento l’ultima volta 3 anni fa ed “era di seconda mano” e di aver scelto di utilizzare vestiti avuti in prestito da persone che conosce.  

Fonti: Vogue Scandinavia 

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook