L’Iraq vieta di usare il termine “omosessualità” sui giornali e social, sostituendolo con “devianza sessuale”

Nuova stretta nei confronti della libertà d'espressione e della comunità Lgbt in Iraq: d'ora in poi la stampa e le agenzie che gestiscono social media dovranno sostituire il termine "omosessualità" con "devianza sessuale"

Mentre in Iran è tornata la polizia nelle strade per punire le donne che non rispettano l’obbligo di indossare il velo islamico, anche il vicino Iraq ha introdotto nuove dure restrizioni. In questo caso la stretta riguarda gli operatori del mondo della comunicazione del Paese. Lo scorso martedì il regolatore ufficiale dei media iracheno martedì ha infatti ordinato alla stampa e alle società telefoniche e che gestiscono social media nella nazione mediorientale di non utilizzare il termine “omosessualità”.

Al posto di questa parola bisognerà utilizzare l’espressione “devianza sessuale”. Nella direttiva emessa dalla Commissione irachena per le comunicazioni e i media (CMC) è stato messo al bando anche il termine “genere”. Secondo quanto riportato da un portavoce del governo iracheno, non è stata ancora fissata una sanzione in caso di violazione.

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Essere omosessuale in Iraq non è più legalmente perseguibile tramite la condanna a morte e/o incarcerazione dal 2003. Ma la situazione è tutt’altro che serena per le persone gay, spesso e volentieri vittime di discriminazioni e di veri e propri attacchi violenti. Di recente la comunità LGBT è stata presa di mira nel corso di varie proteste, durante le quali sono state bruciate le bandiere arcobaleno.

Negli ultimi mesi il ministero dell’Interno ha portato avanti una campagna per reprimere i “contenuti indecenti” online, perseguendo almeno 20 persone per l’esercizio pacifico del loro diritto alla libertà di espressione, facendo riferimento a vaghe leggi di moralità pubblica.

Non si è fatta attendere la reazione di associazioni che si occupano di tutela dei diritti umani, come Amnesty International, che commenta così la decisione:

La direttiva del regolatore ufficiale dei media iracheno è l’ultima di una serie di attacchi alla libertà di espressione con il pretesto del rispetto della “morale pubblica”. Il divieto della parola “omosessualità” da parte del CMC e l’insistenza sul fatto che i media utilizzino invece “devianza sessuale” è una mossa pericolosa che può alimentare la discriminazione e gli attacchi violenti contro i membri della comunità LGBTI”.

Secondo l’organizzazione, inoltre, la demonizzazione della parola dimostra un insensibile disprezzo per la lotta alla violenza di genere in un momento in cui si è assistito ad un aumento dei crimini – spesso impuniti – nei confronti delle donne.

“Le autorità irachene devono immediatamente ribaltare questa decisione e garantire il rispetto del diritto alla libertà di espressione e alla non discriminazione per tutti gli individui nel Paese, indipendentemente dal genere o dall’orientamento sessuale” lancia un appello Aya Majzoub, vicedirettore di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa.

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Fonti: CNN/Amnesty International 

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