In Afghanistan la disperazione porta i genitori a vendere i propri figli

In un'economia distrutta da siccità, conflitti e pandemia, le famiglie afghane si trovano costrette a vendere i propri figli per sopravvivere

In Afghanistan diverse persone e famiglie sono rimaste senza casa a causa della siccità e dei conflitti e vivono in capanne di fango senza più nulla.

L’economia del Paese, già in crisi dopo quarant’anni di guerra e lunghi periodi di grave siccità, è precipitata durante la pandemia e soprattutto dopo il ritorno dei talebani, evento che ha portato la comunità internazionale a congelare i beni dell’Afghanistan all’estero e a interrompere i finanziamenti al Paese.

Molti lavoratori pubblici non ricevono più lo stipendio da mesi e le fasce di popolazione più vulnerabili vivono in uno stato di assoluta povertà. La situazione è talmente drammatica e disperata che diversi genitori arrivano a vendere i propri figli per sfamare il resto della famiglia.

Non vorrei vendere mio figlio, ma devo farlo. Nessuna madre può fare questo a suo figlio, ma quando non hai altra scelta, devi prendere una decisione contro la tua volontà – le parole strazianti di Salahuddin, madre di 35 anni costretta a vendere il suo bambino di otto.

A essere vendute sono però soprattutto le bambine, che vengono promesse in matrimonio a ragazzi di diciotto-vent’anni quando sono molto piccole. Sebbene il governo talebano abbia annunciato di recente il divieto a usare le bambine come merce di scambio, la pratica è molto diffusa.

A volte i mariti vendono i figli di nascosto dalle mogli, che scoprono l’accordo a cose ormai fatte, come è successo a Qandi Gul. Suo marito ha venduto la loro bambina ma Gul lo ha scoperto solo due mesi dopo.

Mio marito ha detto che voleva venderne una per salvare il resto della famiglia, altrimenti saremmo morti tutti. Gli ho risposto che sarebbe stato meglio morire – ha raccontato Gul spiegando che quando ha saputo dell’accordo il suo cuore ha smesso di battere.

Al momento della promessa, le famiglie ricevono un acconto; quando poi le bambine raggiungono l’età di 15-16 anni vengono cedute per il matrimonio e la famiglia dello sposo salda il prezzo pattuito. In molti casi, poiché le famiglie non riescono a nutrire i figli, le bambine vengono cedute prima del previsto per ricevere il denaro.

In altri casi, le famiglie si pentono di aver venduto le loro figlie, ma non possono tenerle quando arriva il momento di cederle, perché hanno speso l’acconto per pagare spese mediche, farmaci o per riuscire ad assicurare cibo ai figli più piccoli.

Gul, ad esempio, i soldi non li ha più; la famiglia del futuro sposo, un uomo di circa 21 o 22 anni, ha già reclamato diverse volte la ragazza e lei non sa per quanto tempo riuscirà a respingerla.

Sono disperata. Non posso restituire i soldi per pagare queste persone e non posso tenere mia figlia al mio fianco, mi ucciderei. Ma poi penso agli altri bambini. Che ne sarà di loro? Chi li nutrirà? – ha dichiarato la donna, madre di altri figli, di cui uno di soli due mesi.

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Fonti di riferimento: Associated Press

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