Afghanistan: a Kabul l’inquinamento uccide di più della guerra

A Kabul si muore di più a causa dell'inquinamento atmosferico che non per la guerra. Ecco i dati delle Nazioni Unite

Kabul, la culla secondo alcuni dei primi insediamenti di popolazioni indoeuropee, resa famosa fino ad oggi dalla guerra e dalla devastazione legata alla cacciata dei Talebani, potrebbe avere un altro problema. E questa volta i conflitti internazionali non c’entrano. Si tratta dell’inquinamento che, secondo alcuni esperti, oggi è più letale della guerra.

Assurdo, a prima vista, ma potrebbe davvero essere così. Secondo i dati delle Nazioni Unite, nel 2010 in Afghanistan 2.777 civili sono morti a causa della guerra. Ma l’inquinamento atmosferico, un killer silenzioso, pare ne stia uccidendo ancora di più. Secondo la National Environmental Protection Agency, circa 3.000 persone all’anno muoiono di smog a Kabul.

Carburante di cattiva qualità, auto vecchie, spazzatura bruciata. Una cappa di nebbia insalubre avvolge la città afghana, in cui vivono quasi 4 milioni di abitanti. Gli uomini a piedi o in bicicletta solitamente coprono la bocca con maschere o sciarpe per non respirare la polvere nociva. Le donne fanno lo stesso, coprendosi con il loro burqah blu.

Non è possibile rimanere in buona salute senza maschera“, ha spiegato Ahmad Wali, un farmacista che indossa la sua ogni giorno, anche quando lavora all’interno del proprio negozio. “È difficile ridurre l’inquinamento in fretta” continua. Gli ospedali, poco attrezzati e sempre più pieni, sono costretti a trattare un numero crescente di persone affette da problemi respiratori. “Sono ammalata da tre anni“, ha detto Malalai, una madre afghana in cura presso l’ospedale Jamhuriat, uno dei più grandi della città. “Quando parlo, ho fiato per due o tre minuti, poi ho dolori al petto quando provo a respirare. Non riesco a camminare e stare in piedi per molto tempo e non ho energia“.

Questa la condizione in cui versa parte della popolazione. Alla base vi è stata la repentina espansione della città, progettata inizialmente per un milione di persone.

L’emergenza non è da sottovalutare.

Francesca Mancuso

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