Nuove schiavitù rinnovabili: lo sfruttamento dei lavoratori in Cina per produrre i pannelli solari (da un punto di vista che non ti aspetti)

Il polisilicio, componente chiave nella produzione di pannelli, arriva dalla regione cinese dello Xinjiang, da fabbriche dove hanno deportato e costretto alla schiavitù gli uiguri. La quinta puntata del Podcast di GreenMe LENTI fa il punto sulla produzione cinese destinata ai mercati esteri. E sulla serie infinita di violazioni dei diritti umani

Il team lituano di slittino in staffetta mista sale sul podio dopo Austria e Germania, un bronzo storico per il Paese baltico, che alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 ha mandato solo 13 atleti. Sugli spalti, però, non ci sono lituani.

Non c’è il Presidente, non c’è un ministro dello sport né i delegati del Comitato Olimpico. Non c’è nessuno che li applauda o li festeggi. In fondo, il team non ha alcuna voglia di essere applaudito o festeggiato. Ma perché?

Il 45% della fornitura mondiale di polisilicio arriva dalla regione cinese dello Xinjiang e i quattro principali produttori di pannelli fotovoltaici a livello internazionale attingono proprio alla produzione cinese. Il settore è in netta espansione, la crisi energetica e l’instabilità geopolitica hanno fatto schizzare la domanda alle stelle nei Paesi del “primo mondo” e la risposta richiede molti più lavoratori a buon mercato.

Leggi anche: Lavori forzati per produrre i pannelli fotovoltaici cinesi: gli uiguri sono i nuovi schiavi dello Xinjiang

Un rapporto ufficiale del Governo cinese pubblicato nel novembre 2020 dichiara 2,6 milioni di cittadini di etnie minoritarie (uiguri e kazaki) sono state “collocate” per occupare posti di lavoro disponibili nelle fattorie e nelle fabbriche nello Xinjiang e in altre parti del Paese, nell’ambito di iniziative pubbliche relative al “surplus di manodopera” e al “trasferimento di manodopera”.

Le prime tensioni tra il gigante asiatico e la Lituania sono arrivate quando la capitale Vilnius ha aperto un ufficio di rappresentanza a Taipei usando il nome “Taiwan” riconoscendo così di fatto il Paese come indipendente dalla Cina. Pechino ha ritirato il suo ambasciatore dal Paese baltico, chiedendo alla delegazione lituana di lasciare la Repubblica Popolare e creando un dazio doganale ad hoc per i mercantili lituani.

Pochi mesi dopo, ecco che – a Pechino – attorno a quel podio dello slittino cala anche il gelo degli atleti. Il boicottaggio delle Olimpiadi è partito dalla Lituana e si è esteso a molti altri Paesi. Diritti umani, minoranze, deportazioni e sfruttamento feroce della manodopera nella filiera del polisilicio.

Cosa accadrà dopo? Proprio alle schiavitù moderne è dedicato il quinto episodio del nostro podcast Lenti, che esce ogni lunedì.

Tutte le puntate sono disponibili sulle principali piattaforme di streaming audio, Spotify, Apple Podcasts, Google Podcasts.

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