I nativi americani erano tutt’altro che primitivi: cosa ci dice il dna della mummia naturale più antica del mondo

Il Dna di unno scheletro antico di 10.600 anni - chiamato "Spirit Cave Mummy", la mummia naturale più antica del mondo - ha rivelato che era imparentato con una tribù di nativi americani. Quindi risulta infondata la vecchia teoria secondo la quale un gruppo chiamato Paleoamericani esisteva già in Nord America prima dei nativi americani

Il Dna di unno scheletro antico di 10.600 anni – chiamato “Spirit Cave Mummy”, la mummia naturale più antica del mondo – ha rivelato che era imparentato con una tribù di nativi americani. Quindi risulta infondata la vecchia teoria secondo la quale un gruppo chiamato Paleoamericani esisteva già in Nord America prima dei nativi americani

Dall’Alaska alla Patagonia: ecco come i primi esseri umani si sono diffusi nel continente americano. Un gruppo di ricerca dell’Università di Cambridge ha sequenziato il loro DNA e ha scoperto che la diffusione fu incredibilmente rapida durante l’ultima era glaciale e ha tracciato le loro interazioni nel corso dei millenni.

Lo studio è partito dalla scoperta di un misterioso segnale genetico Australasiano (ovvero dell’ecozona che si estende in tutta l’Oceania e nel settore più orientale dell’arcipelago indonesiano) nei resti umani di 10.400 anni ritrovati a Lagoa Santa (nome con cui sono stati chiamati i resti) in Brasile. Tali segnali genetici rivelavano un gruppo precedentemente sconosciuto di primi sudamericani, senza lasciare traccia nel Nord però.

Successivamente il sequenziamento del Dna di uno scheletro antico di 10.600 anni, chiamato ‘Spirit Cave Mummy‘, ha dimostrato legami con una tribù di nativi americani. Con questa scoperta i ricercatori sono stati in grado di confutare definitivamente una teoria secondo cui un gruppo di esseri umani chiamato Paleoamericani esisteva in Nord America prima dei nativi americani.

“Il nostro studio dimostra che Spirit Cave e Lagoa Santa erano in realtà geneticamente più vicini ai nativi americani contemporanei che a qualsiasi altro gruppo antico o contemporaneo sequenziato fino ad oggi” spiega a questo proposito Eske Willeslev, che ha guidato lo studio.

Ma non solo, molto di più. Il team ha dimostrato che Spirit Cave era un antenato degli attuali nativi americani. Lo scheletro e la sua analisi hanno un significato culturale enorme: innanzitutto perché, dopo 20 anni di dispute legali, la tribù Paiute-Shoshone di Fallon è riuscita a riavere il proprio antenato che il governo degli Stati Uniti non voleva restituirgli (la consegna con sepoltura è avvenuta nel corso di una cerimonia ufficiale).

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Foto: University of Cambridge

Inoltre il lavoro ha aiutato a rivelare come gli antichi umani si trasferirono e si stabilirono attraverso le Americhe. Infatti gli scienziati sono riusciti a “tracciare” il movimento delle popolazioni dall’Alaska fino alla Patagonia, dimostrando che spesso si separavano l’uno dall’altra, a volte spostandosi in gruppi molto piccoli.

“Una cosa sorprendente dell’analisi di Spirit Cave e Lagoa Santa è la loro stretta somiglianza genetica che implica come la loro popolazione ancestrale si sia spostata attraverso il continente a velocità sorprendente – spiega David Meltzer, coautore dello studio – […] Questo significa che i primi popoli erano altamente specializzati nel muoversi rapidamente attraverso un paesaggio completamente sconosciuto e deserto. Avevano un intero continente per se stessi e viaggiavano a grandi distanze con incredibile rapidità.

Solo una “curiosità scientifica”? Decisamente no. Innanzitutto per l’immenso valore culturale che dimostra per l’ennesima volta come le popolazioni precolombiane erano tutt’altro che “primitive” in senso lato, gettando un ulteriore velo di tristezza e di sconforto su cosa è accaduto loro con l’arrivo dei “civili” europei. Tristezza e sconforto che non passano conoscendo come vivono anche attualmente e quali pregiudizi ancora li circondano.

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Foto: Ancient Origins

Una scoperta che ci farà riscrivere i libri e apre un capitolo straordinario nella storia umana.

Il lavoro è stato pubblicato su Science.

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Roberta De Carolis

Foto di copertina: University of Cambridge

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