Come le due più grandi industrie mondiali della carne sono complici della deforestazione e dell’assassinio di contadini in Brasile

Due grandi aziende che lavorano carne a livello mondiale sono "colluse" con fattorie che aggirano le regole contro la deforestazione

Un’indagine condotta da Repórter Brasil ha svelato il rapporto che c’è tra due delle più grandi industrie mondiali di carne e l’allevamento di bestiame in fattorie illegali, sporche del sangue di contadini locali e nate in seguito alla deforestazione.

L’Ong brasiliana ha rintracciato in una fattoria illegale Valdelir Souza, fuggitivo dal 2017 quando si è macchiato della strage di contadini nota come il massacro di Colniza. L’uomo alleva il bestiame per poi rivenderlo ad altre fattorie “pulite” e infine farlo arrivare alle grandi aziende di lavorazione della carne brasiliane.

A molti di voi sarà sconosciuto il cosiddetto “lava-gado” (in lingua portoghese), ossia il lavaggio del bestiame che consente di commercializzare in maniera pulita animali allevati in una fattoria non a norma, nello specifico creata in seguito alla deforestazione illegale.

A portare avanti questa pratica in una zona del Brasile sarebbe proprio il noto ricercato Valdelir Souza, la mente di quello che è conosciuto come il massacro di Colniza, uno dei più grandi mai avvenuti in Amazzonia (9 i morti).

In un’area remota del Mato Grosso, un gruppo di incappucciati ha compiuto una vera e propria strage di contadini con lo scopo di potersi poi impadronire delle loro terre. Ad ordinare questo massacro sarebbe stato proprio Souza.

L’uomo, fuggitivo da quasi 3 anni, nega ogni coinvolgimento e afferma di non arrendersi per paura di essere ucciso in prigione. Nel frattempo alleva bestiame in una fattoria nata in seguito a disboscamento in un’area occupata illegalmente in Rondônia (stato brasiliano). L’obiettivo è quello di rivendere i bovini a JBS e al rivale Marfrig, due delle più grandi aziende di lavorazione della carne a livello mondiale tramite appunto il “lavaggio del bestiame”, una pratica ricorrente tra le aziende con problemi ambientali.

Questa consiste nel trasferire i bovini da una fattoria nata da deforestazione illegale a una proprietà “pulita” con l’obiettivo di coprire la vera origine degli animali per gli acquirenti. Il “lavaggio del bestiame” mira ad aggirare l’impegno a “zero deforestazione” in Amazzonia, assunto dai maggiori macelli brasiliani, e il Meat TAC (Termine of Adjustment of Conduct), un patto siglato nel 2009 dai produttori di carne brasiliani per monitorare i loro fornitori e sospendere l’acquisto da aziende agricole con problemi socio-ambientali, tra cui la deforestazione illegale o il lavoro forzato.

Secondo i documenti raccolti da Repórter Brasil, il 9 maggio 2018, quando era in fuga, la fattoria di Três Lagoas, di proprietà di Souza, trasferì 143 bovini femmine nella fattoria di Eçada de Meu Pai di proprietà di Maurício Narde. Undici minuti dopo, il sito di Narde ha trasferito 143 animali, con le stesse caratteristiche di sesso ed età, per la macellazione presso il frigomacello di JBS.

Pochi mesi dopo, il 25 giugno 2018, Souza ha anche negoziato 153 capi di bestiame con l’azienda agricola Morro Alto, di proprietà di José Carlos de Albuquerque che quell’anno era nella lista dei fornitori di JBS.

Le immagini satellitari mostrano che gran parte della fattoria di Três Lagoas è stata disboscata nel 2015. Souza quindi non può fornire direttamente bestiame a JBS, poiché la società ha promesso di non fare affari con le fattorie amazzoniche nate in seguito a deforestazione dopo il 2009.

Dopo aver analizzato i documenti inviati da Repórter Brasil così ha commentato Mauro Armelin, direttore di Amigos da Terra, un’organizzazione che ha studiato la filiera del bestiame dal 2009:

“Non ha senso che un animale rimanga 11 minuti in una fattoria e poi vada nel frigomacello. Questa storia ha tutti i componenti di un processo di triangolazione per il lavaggio del bestiame. Probabilmente era una triangolazione solo su carta, ovvero tutto indica che gli animali venivano inviati direttamente al frigomacello senza passare attraverso una seconda proprietà”

JBS si è già difeso sostenendo che “Souza non è tra i fornitori”. Inoltre sostiene di non “acquisire animali da fattorie coinvolte nella deforestazione di foreste autoctone, invasione di terre indigene o aree di conservazione ambientale, violenza rurale, conflitti agrari e che usano il lavoro forzato o minorile“.

Reporter Brasil, però, documenti e prove alla mano, la pensa diversamente!

Fonte: Reporter Brasil

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook