Oreo, KitKat e gli altri grandi marchi che alimentano gli incendi boschivi in Indonesia

Dietro agli incendi che hanno distrutto le foreste indonesiane ci sarebbero grandi marchi che acquistano olio di palma per i propri prodotti

Dietro agli incendi che hanno distrutto vaste aree di boschi in Indonesia ci sarebbe anche lo zampino di grandi marchi come Oreo e KitKat, aziende che acquistano olio di palma per la produzione dei loro dolci. Gli incendi sono stati appiccati a partire dalla fine di settembre per ottenere nuovi terreni da seminare a palme e hanno bruciato 8.578 chilometri quadrati di boschi, un’area grande quanto Puerto Rico.

Secondo un recente rapporto pubblicato da Greenpeace pochi giorni fa, molti grandi marchi come Mondelēz, Nestlé, Unilever e P&G (Procter & Gamble) sono coinvolti negli incendi, nonostante abbiano sottoscritto l’impegno a non acquistarecolio di palma da coltivatori legati alla deforestazione.

Tali marchi avrebbero portato avanti un impegno solo di facciata, secondo Greenpeace, e dovrebbero essere ritenute responsabili dei disastri ambientali e degli impatti enormi sull’ambiente e sulla salute causati dagli incendi.

Il rapporto ha valutato innanzitutto quali aziende avevano in concessione i terreni in cui si è sviluppato il maggior numero di incendi tra gennaio e settembre di quest’anno, nonché il numero di incendi che hanno interessato le stesse aree tra il 2015 e il 2018 e i produttori sanzionati per i roghi.

Tra le 30 aziende titolari delle concessioni i cui terreni sono stati tra i più colpiti dagli incendi, 21 sono risultate membri della Tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile (RSPO), il principale ente di certificazione per l’approvvigionamento etico del raccolto.
Sebbene l’RSPO preveda sulla carta una severa politica contro gli incendi e la deforestazione, la certificazione è particolarmente controversa poiché non esclude il taglio degli alberi per aumentare lo spazio da destinare alla coltivazione di palme da olio. Di fatto, non viene vietata completamente la deforestazione e pertanto non è garantito in nessun modo che l’olio di palma certificato sia prodotto in modo sostenibile.

Dopo aver identificato i produttori coinvolti nella deforestazione, Greenpeace ha quindi verificato quali marchi acquistano olio di palma da questi coltivatori: Mondelēz, Nestlé, Unilever e P&G sono collegati a circa 10.000 focolai ciascuno, poiché comprano da produttori di olio di palma i cui terreni sono stati interessati dal maggior numero di focolai.

Mondelēz e Nestlé, che producono rispettivamente Oreo e KitKat, acquistano olio di palma da 28 dei produttori presi esame. Unilever acquista da almeno 27 produttori e P&G da almeno 22, secondo Greenpeace.

I fornitori di questi grandi marchi hanno anche avuto problemi legali, alcuni sono sotto inchiesta a causa degli incendi, altre sono state sanzionate, altre ancora sono oggi sotto sequestro.

Wilmar, il più grande distributore di olio di palma del mondo, si rifornisce da produttori responsabili di oltre 1.400 chilometri quadrati di terra bruciata tra il 2015 e il 2018 e quasi 8.000 focolai che hanno interessato le aree boschive dall’inizio del 2019 a oggi.

Nonostante gli accordi presi, l’olio di palma legato agli incendi continua a circolare nella rete di approvvigionamento globale grazie alla carenza di controlli e all’impossibilità di risalire lungo la filiera.

A certificare la presunta sostenibilità dell’olio di palma sono spesso le stesse aziende produttrici e nella maggior parte dei casi la certificazione viene attestata molto tempo dopo il taglio illegale delle foreste, quando è ormai impossibile sapere se e come sia stata eliminata la vegetazione.

Alcuni marchi non sono nemmeno in grado di identificare i produttori da cui si riforniscono e non si sa se siano consapevoli o meno di essere responsabili degli incendi. La maggior parte delle aziende si impegna a eliminare dai propri fornitori i produttori coinvolti nella deforestazione e negli incendi, ma poiché la tracciabilità dell’olio di palma non viene garantita, molte volte le aziende si fidano semplicemente di ciò che viene loro riferito dai distributori.

Manca la necessaria trasparenza lungo la filiera e riuscire a collegare i produttori alle violazioni ambientali e determinare se i grandi marchi siano o meno a conoscenza di cosa si nasconde dietro l’olio di palma che acquistano è particolarmente difficile.

Greenpeace ha però sottolineato la necessità di una revisione del settore dell’olio di palma poiché gli incendi che hanno interessato l’Indonesia hanno distrutto buona parte di foresta, contribuendo all’emissione di milioni di tonnellate di CO2 che peggiorerà gli effetti dei cambiamenti climatici.

È necessario l’impegno di tutti, soprattutto delle aziende coinvolte, poiché quando le foreste non esisteranno più non ci sarà modo di fare affari per nessuno, poiché non esisterà più nemmeno il genere umano.

Non è la prima volta che Greenpeace se la prende con KitKat e, in generale, Nestlè: tutti ricorderanno la campagna e il video virale della “pausa” insanguinata e del “morso killer degli oranghi” lanciata nel 2010. Da allora la multinazionale si era impegnata ad utilizzare solo olio di palma sostenibile, ma all’interno di un sistema che andrebbe totalmente rivisto e revisionato per definirlo veramente tale.

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Tatiana Maselli

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