Doha 2012: al via in Qatar la conferenza sul Clima dell’ONU Cop18

I cambiamenti climatici sono giù una realtà. Con questa certezza è partita oggi la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Doha, in Qatar, dove i diplomatici di tutto il mondo si sono riuniti per discutere sulle sorti del pianeta. Tra i punti caldi, vi sono la seconda fase del Protocollo di Kyoto e la stipula di un nuovo trattato globale operativo entro il 2020

I cambiamenti climatici sono giù una realtà. Con questa certezza è partita oggi la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Doha, in Qatar, dove i diplomatici di tutto il mondo si sono riuniti per discutere sulle sorti del pianeta. Tra i punti caldi, vi sono la seconda fase del Protocollo di Kyoto e la stipula di un nuovo trattato globale operativo entro il 2020.

La 18ª Conferenza annuale delle Parti (COP 18) fino al 7 dicembre vedrà impegnati i rappresentati dei governi mondiali a discutere su cosa farne del pianeta. La carne sul fuoco è tanta. In primo luogo occorre trovare una soluzione immediata dopo il quasi nulla di fatto di Durban, la conferenza Cop 17, che si è volta un anno fa in Sudafrica. Allora, i 190 paesi concordarono il rinnovo del Protocollo di Kyoto, ma partire dal 2020. Il cosiddetto Kyoto 2 sarebbe passato per un regime transitorio prima di giungere ad un nuovo accordo globale. Entro il 2015, secondo quanto concordato in Sudafrica, i paesi avrebbero dovuto sottoscrivere un nuovo accordo globale da applicare a partire dal 2020.

Dopo un anno, l’appuntamento si rinnova proprio per cominciare a capire come concretizzare quanto stabilito a Durban. Allora, i governi lo scorso anno accettarono di firmare un accordo giuridicamente vincolante a livello mondiale nel 2015, nonché di ridurre le emissioni per il periodo fino a quando non entrerà in vigore nel 2020. L’impegno delle nazioni adesso dovrà mettere nero su bianco e ciascuno dovrà confermare il proprio impegno politico nell’ambito di un accordo giuridicamente vincolante sulle emissioni di gas a effetto serra, visto che il primo periodo di impegno scade alla fine di quest’anno. L’obiettivo per COP 18 è portare a termine tale processo e definire i termini della seconda stagione del Protocollo di Kyoto, che potrebbe durare dai cinque agli otto anni.

Chi sarà coinvolto in Kyoto II? Gli Stati Uniti non hanno mai ratificato il Protocollo di Kyoto e hanno detto chiaramente che non hanno alcun interesse a farlo almeno per adesso. Giappone, Russia e Canada si sono opposti fin dai tempi di Durban. Anche la Nuova Zelanda ha abbandonato l’idea all’inizio di questo mese, ma l’Australia ha fatto sapere che vi avrebbe preso parte. Con queste diserzioni, gli obblighi giuridici previsti Kyoto II si applicherebbero solo ad una piccola parte delle emissioni globali, meno del 15% del totale secondo i funzionari delle Nazioni Unite.

E l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 2° C? Un recente studio condotto per conto della Banca Mondiale ha dimostrato le conseguenze legate all’innalzamento globale delle temperature secondo l’andamento attuale. I 4 pericolosi gradi in più potrebbero provocare conseguenze disastrose. A completare il quadro la scorsa settimana è stato un altro studio dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, che ha mostrato come il riscaldamento globale modificherà lo stato del pianeta nel corso dei prossimi anni. Secondo tale dossier, entro il 2020 le emissioni saliranno fino a 58 miliardi di tonnellate, 14 miliardi in più rispetto al limite tollerabile. Una soluzione provvisoria consiste nel rimanere sotto i 2 gradi di riscaldamento, ma secondo gli esperti UNEP questi sforzi non risolveranno il problema.

A Doha, tutti gli occhi saranno puntati però sui più grandi emettitori al mondo di gas, gli Stati Uniti e la Cina, dopo la rielezione del presidente Barack Obama e la nomina di Xi Jinping come nuovo leader del Partito comunista cinese. Purtroppo, le politiche climatiche non dovrebbero cambiare sostanzialmente. Più in generale, non ci sono prove che i due paesi stiano considerando politiche aggressive nella lotta ai cambiamenti climatici.

Eppure l’urgenza c’è. Quest’anno, come sottolinea Greenpeace, ha già visto tempeste devastanti, siccità e inondazioni, che hanno provocato la perdita di vite umane, anche negli Stati Uniti, in Cina, oltre che in India, Africa ed Europa. “Ciò dovrebbe essere visto come un segnale d’allarme” dicono gli ambientalisti. “Il cambiamento climatico non è più una minaccia lontana per il futuro, ma è con noi oggi. Alla fine di un anno che ha visto l’impatto dei cambiamenti climatici devastare case e famiglie di tutto il mondo, la necessità di agire è evidente e urgente”, ha dichiarato Martin Kaiser, attivista del clima Greenpeace, che chiede ai governi riuniti a Doha un secondo periodo di impegno, suggerendo: “Proteggere le foreste tropicali restanti del mondo è una parte fondamentale della soluzione per affrontare la crisi climatica“, ha detto Romano Czebiniak, senior advisor politico di Greenpeace International.

I cambiamenti climatici non sono un problema futuro, ma stanno già facendo sentire i loro effetti nefasti, e a Doha questo deve essere il caposaldo da cui partire per avviare una nuova politica del clima.

Francesca Mancuso

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