Fiori per ripulire i terreni avvelenati dalle sostanze chimiche

Il suolo è avvelenato? Ci pensano i fiori a ripulirlo dei veleni che l'uomo costantemente propina al Pianeta Terra. Un consorzio di ricerca dell'Università britannica di Warwick sta elaborando una tecnica per far sì che alcune tipologie di fiori possano riuscire ad eliminare le sostanze chimiche tossiche come l'arsenico e il platino presenti nei terreni e nei corsi d'acqua, per poterli riutilizzare

Il suolo è avvelenato? Ci penseranno i fiori a ripulirlo dei veleni che l’uomo costantemente propina al Pianeta Terra. Un consorzio di ricerca dell’Università britannica di Warwick sta elaborando una tecnica per far sì che alcune tipologie di fiori possano riuscire ad eliminare le sostanze chimiche tossiche come l’arsenico e il platino presenti nei terreni e nei corsi d’acqua, per poterli riutilizzare.

A partecipare sono l’Università di Warwick, la Newcastle University, l’Università di Birmingham, la Cranfield University e l’Università di Edimburgo. Il programma di ricerca, che ha ricevuto un finanziamento di ben 3 milioni di sterline chiamato Cleaning Land for Wealth, non solo cercherà di ripulire il suolo dai veleni, ma tenterà di sfruttare queste sostanze chimiche sotto forma di nanoparticelle come convertitori catalitici e per il trattamento di alcune patologie compreso il cancro. È ancora presto per dire se funzionerà, ma i presupposti ci sono tutti e, cosa ancora più importante, passano per la forza e le infinità possibilità offerte da Madre Natura.

Gli esperimenti che verranno effettuati nel corso dei prossimi mesi cercheranno dunque di utilizzare comuni tipologie di fiori e piante tra cui l’Alyssum per tentare di ripulire i terreni da sostanze chimiche tossiche come l’arsenico e il platino, per poter riutilizzare le aree che l’uomo ha contaminato.

kerry kirwan sm

Il responsabile del progetto Kerry Kirwan dell’Università di Warwick ha spiegato: “I processi che sono in via di sviluppo non rimuoveranno solo i veleni come l’arsenico e il platino dai terreni contaminati e dai corsi d’acqua. Siamo anche sicuri che potremo sviluppare la biologia adatta e i di processi bioraffinazione che possono ‘personalizzare’ le forme e le dimensioni delle nanoparticelle metalliche”.

Il risultato dell’attività di decontaminazione potrebbe dunque essere riutilizzato per fabbricare convertitori catalitici e altre tecnologie applicabili in vari settori, dice l’esperto.

Francesca Mancuso

Leggi anche:

Orti urbani: il pericolo dei metalli pesanti

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook