Ilva, Taranto: una perizia rivela i livelli di inquinamento del mostro chimico

Una recente inchiesta ha accertato che vi sarebbe una relazione tra le attività industriali connesse all'Ilva di Taranto e i livello di inquinamento della zona

Da sempre considerata un’industria pericolosa e inquinante, l’ è oggi più che mai nell’occhio del ciclone per la diffusione di gas, vapori e polveri contenenti sostanze dannose per la salute dei lavoratori e dei cittadini che abitano nelle vicinanze, tanto che da tempo si sospetta fortemente che molte delle misure di sicurezza previste dalla legge non vengano affatto rispettate.

Per questo, è stata finalmente aperta un’inchiesta, che per la prima volta ha riconosciuto la relazione tra le attività industriali del mostro chimico e i livelli di inquinamento della provincia di Taranto.

Venerdì scorso è stata depositata alla cancelleria del gip di Taranto, Patrizia Todisco, la relazione dei periti chimici che nei mesi scorsi hanno effettuato la prima parte di una maxi-perizia sulle emissioni dell’Ilva. L’analisi servirà a determinare in che misura le emissioni provenienti dallo stabilimento siderurgico provocano danni alla salute degli operai, dei cittadini di Taranto e dei comuni vicini e se all’interno della fabbrica siano rispettate le misure di sicurezza per evitare la dispersione di diossina, Pcb e benzoapirene.

I tecnici, nominati dal gip Todisco, hanno iniziato la loro analisi nel novembre del 2010 e hanno impiegato più di un anno per redigere oltre 500 pagine di documenti, che aiuteranno a chiarire il livello di nocività delle emissioni provenienti dall’Ilva.

Ma non finirà qui, perché la perizia rientra in un’inchiesta molto più ampia, aperta dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dal sostituto Mariano Buccoliero, che identifica come indagati Emilio e Nicola Riva, il direttore Luigi Capogrosso, il capo area cokerie Ivan Di Maggio, il capo area Agglomerato Angelo Cavallo, tutti accusati di disastro colposo e doloso, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, avvelenamento di sostanze alimentari, inquinamento atmosferico, danneggiamento aggravato di beni pubblici e sversamento di sostanze pericolose.

Dall’Ilva, intanto, arriva la prima reazione che tende a difendere l’operato dell’azienda:”Non posso esprimere giudizi troppo articolati – ha commentato Adolfo Buffo, responsabile della Qualità, Ambiente e Sicurezza dell’Ilva di Taranto – la perizia è di molte pagine e personalmente ho potuto leggere solo le sintesi finali dei sei quesiti. Mi pare di poter dire che vi sia una constatazione inequivocabile sul fatto che i livelli emissivi dell’Ilva sono tutti nei limiti di legge, incluse le diossine. Noi lo sapevamo, ma è importante vederlo riconosciuto anche dai periti nominati dal giudice per le indagini preliminari che hanno svolto in un anno innumerevoli sopralluoghi ed ispezioni presso lo stabilimento dell’Ilva. Non voglio parlare di soddisfazione da parte dell’Ilva perché non è il momento. L’incidente probatorio è un’opportunità di confronto che ci aiuterà a capire meglio la situazione ambientale a Taranto e migliorare ancora le nostre performance ambientali. Oggi si è consumato solo il primo atto, la perizia del gip, ci saranno altri passaggi, tra cui le risposte dei nostri consulenti“.

Per sapere la verità quindi, non resta che attendere il risultato dettagliato della perizia e gli ulteriori controlli che verranno effettuati nei prossimi mesi; intanto però si è accertata la relazione tra le attività del mostro chimico e i livelli di inquinamento della zona, fenomeno sempre negato fino a poco tempo fa.

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