Nucleare, il Giappone sempre più come Chernobyl: gli evacuati non torneranno mai più nelle loro terre

Come vi avevamo detto, l’esecutivo nipponico ha escluso, almeno per il momento, un ulteriore allargamento dalla zona di sgombero attorno alla centrale (malgrado le raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica). Ma non c’è mai fine al peggio: in queste ultime ore si sta rendendo sempre più reale la possibilità che le persone evacuate non potranno mai più mettere piede sulla terra che i loro padri hanno coltivato per millenni.

Come vi avevamo detto, l’esecutivo nipponico ha escluso, almeno per il momento, un ulteriore allargamento dalla zona di sgombero attorno alla centrale (malgrado le raccomandazioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica). Ma non c’è mai fine al peggio: in queste ultime ore si sta rendendo sempre più reale la possibilità che le persone evacuate non potranno mai più mettere piede sulla terra che i loro padri hanno coltivato per millenni.

Questa condanna, che piomba sulle teste dei giapponesi come una pesante scure, sembra materializzarsi sempre di più, soprattutto dopo che gli esperti sono giunti ad affermare che i livelli di radiazione in Giappone hanno raggiunto quelli di Chernobyl.

Si teme dunque che le sorti delle prefetture attorno alla centrale di Fukushima seguano quelle di Chernobyl: dopo l’incidente nucleare del 1986, dei chilometri e chilometri di terra e boschi non restano che edifici fatiscenti e una rada e contaminata vegetazione. Solo deserto e desolazione.

Delle migliaia di ucraini costretti ad evacuare l’area nel raggio di 30 Km dalla centrale solo una piccola parte è tornata a vivere nella propria casa, quasi sempre in maniera illegale e con gravi rischi per la salute.

Sono oltre 70.000 i contadini e i pescatori allontanati dalle loro aziende e dalle loro case in fretta e furia, mentre ai 130.000 residenti nel raggio di 10 km dalla zona di sgombero è stato solo consigliato di rimanere chiusi all’interno delle loro abitazioni. Soluzione poco pratica e tantomeno cautelativa che ha portato gli esperti di mezzo mondo a seppellire di critiche il Governo giapponese.

Nel frattempo il sentimento popolare di disperazione e rassegnazione monta. I media giapponesi riportano il caso del suicidio di un contadino, che dopo aver appreso che anche la verza che produceva da oltre trent’anni rientrava nell’elenco degli alimenti interessati dal divieto di vendita, ha deciso di togliersi la vita.

Mentre gli esperti si affannano a comparare dati, a stabilire il livello di iodio e cesio, a tentare di arginare l’emergenza, gli evacuati e i sopravvissuti, stipati nelle scuole in cui portavano i loro figli, restano ignari del destino che li attende.

Roberta Ragni

Fonte: Reuters UK

Foto: Zuma Press

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