Petrolio e miniere minacciano un terzo del Patrimonio Unesco

Petrolio e miniere minacciano il 31% dei siti considerati Patrimonio dell’Umanità Unesco. Secondo il rapporto WWF, 70 luoghi su 229 rischiano di scomparire a causa della ricerca spasmodica di gas e minerali. Un dato allarmate e in crescita rispetto allo scorso anno, che riguarda soprattutto i paesi in via di sviluppo.

Petrolio e miniere minacciano il 31% dei siti considerati Patrimonio dell’Umanità Unesco. Secondo il rapporto WWF, 70 luoghi su 229 rischiano di scomparire a causa della ricerca spasmodica di gas e minerali. Un dato allarmate e in crescita rispetto allo scorso anno, che riguarda soprattutto i paesi in via di sviluppo.

Dunque, se non si porrà un freno, denuncia l’associazione ambientalista, un terzo dei siti naturali tra cui parchi nazionali, riserve naturalistiche e barriere coralline rimarranno solo un ricordo.

I siti patrimonio dell’Umanità, che coprono meno dell’un per cento del pianeta e hanno un eccezionale valore naturale, sono in crescente pericolo di sfruttamento e a rischio di danni irreparabili, che a loro volta danneggiano le comunità che dipendono da questi meravigliosi posti per il loro sostentamento”, spiegano dal WWF.

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In pericolo ci sono,infatti, non solo luoghi ma anche tanti animali rari come i gorilla di montagna, gli elefanti africani, i leopardi delle nevi e le tartarughe marine. La minaccia, quindi colpisce sia la flora che la fauna.

Se questi siti e i loro ecosistemi rimanessero intatti, sottolinea il WWF, sarebbero preservate aree uniche che garantirebbero importanti benefici a lungo termine: il 93% dei Natural World Heritage Sites garantisce benefici legati al turismo e alla ricreazione, il 91% garantisce interessanti sviluppi occupazionali e creazione di posti di lavoro, l’84% contribuisce a promuovere e diffondere cultura e istruzione.

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Dal parco nazionale del Virunga in Congo a quello del Lago Malawi, fino a uno dei più grandi parchi faunistici mondiali, la riserva Selous in Tanzania, 25 patrimoni mondiali su 41, circa il 61% sono interessati da attività o concessioni per le estrazioni.

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In Asia il problema riguarda 24 siti su 70 (34%), nell’America latina e caraibica 13 su 41 (31%). La situazione è meno grave in Occidente: in Europa e Nord America sono in pericolo 7 siti su 71 (10%). Tra questi il parco nazionale del Coto Donana, situato nell’estuario del fiume Guadalquivir, nel sud della Spagna, una delle zone umide più importanti d’Europa per l’unicità della biodiversità che ospita.

Dominella Trunfio

Foto: WWF

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