Il guscio inventato da una start up trentina per limitare i danni dei pesticidi

Incapsulando i pesticidi con un guscio organico, Nanomia combatte i danni provocati dal loro uso e promette di ridurne l’utilizzo fino a 100 volte. L’impresa, fondata da tre biotecnologi veneti, ha sviluppato una tecnica che consente alle piante malate di accettare gli agrofarmaci come propri, evitandone la dispersione nell’ambiente.

Incapsulando i pesticidi in un guscio organico, Nanomia combatte i danni provocati dal loro uso e promette di ridurne l’utilizzo fino a 100 volte. L’impresa, fondata da tre biotecnologi veneti, ha sviluppato una tecnica che consente alle piante malate di accettare gli agrofarmaci come propri, evitandone la dispersione nell’ambiente.

I ricercatori, Marta Bonaconsa, Michele Bovi e Pietro Vaccari, dopo aver partecipato ad progetto sui parassiti della vite condotto in collaborazione con l’Università di Padova e con il Consiglio per la Sperimentazione e la Ricerca in Agricoltura di Conegliano Veneto, sono riusciti a brevettare una tecnologia in grado di incapsulare i pesticidi usati come antiparassitari in un guscio biodegradabile e biocompatibile: una vera e propria “maschera” che riesce a “ingannare” le piante, tanto da essere assorbita come fosse parte dei loro tessuti.

A seguito del brevetto, i tre ricercatori hanno fondato l’impresa Nanomia che si è insediata nell’Hub green di Trentino Sviluppo a Rovereto Progetto Manifattura, è stata recentemente premiata con 30 mila euro al Premio Unindustria di Confindustria Lazio e si prepara ora a combattere i danni ambientali provocati dai pesticidi, rendendo il loro uso molto più mirato, abbassandone fino a 100 volte le quantità necessarie.

Ad oggi, infatti, meno dello 0,1% degli agenti curativi applicati in campo effettivamente raggiunge l’obiettivo e questo, oltre a provocare ingenti costi, sta avvelenando l’ambiente, nel quale si trova dispersa la stragrande maggioranza di queste molecole, tutt’altro che innocue (basti pensare al glifosato, i cui effetti nocivi continuano ad essere dimostrati e denunciati ovunque).

L’inglobamento in un guscio protettivo e biocompatibile consente invece l’assorbimento reale e mirato, limitando molto la dispersione del pesticida. “Così facendo – spiega infatti Marta Bonanconsa – facilitiamo l’assorbimento dell’agrofarmaco, che di conseguenza può essere somministrato in quantità fino a cento volte inferiori rispetto allo standard, con un notevole risparmio da parte dell’imprenditore, che potrà ridurre i propri acquisti di pesticidi”. E con meno avvelenamento generale, aggiungiamo noi.

Il metodo ha già conquistato il mercato italiano e quello svizzero e inglese e mira a sbarcare anche in settori diversi da quelli dell’agroindustria, come il farmaceutico e biomedicale, la nutraceutica e la cosmetica.

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Prossimo obbiettivo? Combattere Xylella, il batterio che sta uccidendo gli ulivi del Salento, tramite la lotta mirata all’insetto che lo porta e che sta dilagando in Puglia, nonché in altre regioni del Mediterraneo.

I pesticidi sono ormai riconosciuti come altamente inquinanti per l’ambiente e dannosi per la nostra stessa salute, eppure l’industria dell’agricoltura sembra non poterne farne a meno. È finalmente arrivato il metodo che almeno ne limita uso ed effetti collaterali?

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Roberta De Carolis

Foto: Ufficio Stampa Provincia Autonoma di Trento

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